Daniele Mammarella “Moonshine”, recensione

Ma quanta  bellezza c’è in questo Moonshine? Be’ se ne scrivo, questa domanda è da considerarsi retorica.

 

13 brani sognanti da ascoltare ad occhi chiusi e non certo da consumare distrattamente.

13 piccole perle nate dalle idee di Daniele Mammarella, talentuoso chitarrista  abruzzese.

13 racconti wordless in cui perdersi e ritrovarsi.

 

Credo di aver detto tutto. Potrei anche chiudere la mia recensione annoverandola come la più breve di sempre, ma, forse, il mio editor non sarebbe così contento, quindi mi dilungo un poco per raccontarvi le sporcizie Blues Twister e le estensioni oniriche di In the sky che, assieme alla straordinarietà emozionale di Shadow Blues, compongono tre vertici di un triangolo in cui farsi intrappolare.

 

 

Il disco, legato al binomio Music Force – Egea Music, non potrà che essere amato ed apprezzato da chi vive di e per la musica, a prescindere dal proprio genere di riferimento. La motivazione, a mio modesto parere, la si ritrova nell’ottima capacità espositiva ed esplorativa di Mammarella. Infatti, l’autore pescarese offre un viaggio al chiaro di luna in cui camminare (Horizont) e volare (Flying),  sognando l’impossibile  tra immagini ipnagogiche e nuvolari.

Un sentiero che, tra virtuosismi, palm mute ut e fingerstyle mostra il Blues come punto di partenza, riuscendo a trovare apici espressivi sia nel disincanto di Waterfall, in cui le sensazioni tradizionali definiscono il mood portante, sia nelle toniche di Ireland Blues, vero e  proprio Anthem per il quale vale il prezzo d’entrata.

 

Post scriptum

Un unico dubbio mi attanaglia e mi rimane in queste onde di apprezzamenti: perché non scegliere un nom de plume?