BLU 21: il tempo liquido del futuro

Qualcuno potrebbe partire subito con le etichette facili, con un dream pop… e qualche palato fine richiamerebbe alla luce certi suoni circolari alla Jean Michel Jarre e tutto questo per catalogare l’istinto iniziale che arriva in “Parlami di te” o della title track. Altri invece potrebbero inneggiare alla canzone d’autore e certamente il pianoforte un poco sghembo nei suoni come nelle forme basiche che arredano l’intro di “Mercole.dì”. Eppure temo ci sia davvero molto di più dentro questo lavoro dal titolo “Ricordami” firmato dal duo Paolo Bottini e Sergio Guida in arte i BLU 21 – il colore e il peso dell’anima, ecco da dove attinge il moniker.

Umano il pop nelle sfumature delle interpretazioni, industriale fin dentro ogni suono digitale che arriva dalla loro direzione artistica. Ma proviamo a scorrere con attenzione brani come “1980” che forse racchiudono molto del concetto: il dark industrial anni ’90, il pop riverberato dei rullanti, la strofa energica, sofferta, sentita, i suoni di basso che ci riportano dentro i notturni metropolitani. Certamente i clap digitali per accompagnarci negli incisi della title track li avrei evitati anche perché ci distraggono dalla bellezza umana e dalla vicinanza con un inciso così importante. Belle figure di drumming (anche qui avrei scelto altri suoni invece di questi ampiamente inflazionati) per adornare un brano come “Panoramica” dentro cui non solo le voci ma anche i loro disegni sono davvero accattivanti, ennesima testimonianza di come si percorre una via battuta con personalità. Il pianoforte sembra una matrice che torna dentro l’arredo di questo lavoro che molto contribuisce alla resa artigianale a controbilanciare l’enorme impatto digitale delle macchine. Ci sono poi brani che molto cercano questo aspetto, quello umano e non digitale… si ascolti ad esempio “Ti vedo chiaramente” dentro cui rintracciamo gli elogi pop anni ’90 di quel main stream davvero gustoso. E anche questo è un punto a loro favore: il pianoforte praticamente sigla il dialogo di ogni nascita, di ogni inizio (ogni o quasi)… ma nonostante questo si è scampato il rischio di ricadere dentro se stessi, dentro la copia della copia. E il vero quid di tutto arriva, anche in tal senso, nell’ultimo brano che forse davvero rappresenta il momento più importante del disco: “Poi chiudo gli occhi”, celebrazione estetica ed emotiva del tempo, tempo che scorre, tempo che trasforma, tempo di questo “Ricordami”, che non è solo un disco di nostalgia ma anche un disco di futuro e di avvenire nuovo. “Poi chiudo gli occhi” unisce a se l’orchestrazione, l’uomo e la parola alla macchina che mai come in altro luogo dell’ascolto diviene trasparente, elegantemente sottile utile e fondamentale ad accompagnare e mai a determinare una direzione.

“Ricordami” dunque è un disco difficile perché siamo noi ad usare per pigrizia etichette immediate… di certo l’impatto non aiuta, la scelta di molti suoni non aiuta alla nostra letargica omologazione. Eppure sono convinto che “Ricordami” regalerà mille chiavi diverse dopo mille ascolti, tutti fatti con il silenzio che merita.