Gabber: la ricerca e la luna, il pop e la personalità

Che in fondo di pop c’è davvero poco se non quel certo modo di vestire i cliché, il rap, le aspettative di molte soluzioni. Ma sappiate che questo è un disco d’esordio nato dalle sole mani (o quasi) di un giovanissimo Filippo Gabbi, in arte Gabber. Si intitola “Luna”, lavoro intenso e lungo anche destinato a raccogliere tante sperimentazioni e ricerche di suono e di forma. Anche se molti fermano l’attenzione sui brani più “abitudinari” per i nostri ascolti, noi vi invitiamo all’immersione, pur perdonandone le ingenuità… raccoglierete spunti interessanti di critica e inattese direzioni prese senza un preavviso. Sotto questo punto di vista “Luna” sembra davvero giocarsi carte interessanti.

Ormai è passato dal tempo dall’uscita di questo disco. Possiamo chiederti un primo resoconto? Secondo te com’è stato accolto questo lavoro?

Sono soddisfatto di ciò che ha ottenuto l’album a livello di numeri, verosimilmente ha raggiunto un audience piuttosto grande per il mio bacino di utenti medio, oltre 50mila riproduzioni su Spotify sono un ottimo numero e soprattutto sono felice delle persone che mi hanno scritto, è stato accolto molto positivamente. Qualche critica è arrivata dalla stampa che tuttavia non ho praticamente mai condiviso. 

La società musicale di oggi, quella che hai scoperto vivendola in prima persona, ti ha soddisfatto o deluso? Hai trovato quel che ti aspettavi?

La vivo da tanti anni la “società musicale” e penso che sia come qualsiasi altro ambiente. Tosto e che non regala nulla. Ma dire che mi ha deluso no, non direi proprio, anche perché non avevo nessuna reazione particolare in mente. Ho fatto il disco perché volevo fare musica.

Da più parti si dice che forse il singolo manifesto del disco in realtà non porta in scena caratteristiche ben più interessanti… cosa ne pensi?

Qua ci ricolleghiamo alla prima domanda e alle critiche della stampa non condivise. Penso che ad un ascolto attento (ma neanche particolarmente attento) questo disco faccia capire che ha tante cose diverse da dire e lo fa in maniera personale, singolo compreso.  Il singolo di lancio per definizione penso debba essere il pezzo più appetibile semplicemente, ma non tradisce né suoni né i concetti del lavoro totale.

Parliamo di produzione perché come esordio è un vero “one man band” questo… o quasi… possiamo dirlo?

Sì tutte le idee, tutti i testi e molte strumentali sono partite da me e disegnate dal sottoscritto.
Ma senza l’aiuto del già citato Rob the Child (Robin Marchetti) e gh05t (Alessio Buso) non sarei riuscito a far uscire l’ottimo risultato finale.

Un prossimo passo in cantiere? Un nuovo singolo?

Per il momento voglio sottolineare il disco, voglio presentarlo nella maniera corretta in live, quando sarà possibile.  Non voglio che sia una cosa da niente, è un pezzo importante per la mia vita artistica, non ha neanche un anno di vita e voglio che le persone continuino a concentrarsi su quello anche per i prossimi 3-4 mesi almeno.