Sergio Borsato: la storia degli uomini e quel suono folk

Voglio iniziare con una polemica: sono sicuro che se questo disco fosse cantato in inglese (che quindi la solita etichetta italiota non venga a macchiare di pregiudizio d’ascolto), sarebbe di certo un meritato traguardo internazionale. Se poi fosse uno dei santi a sdoganarlo, oggi venderebbe mille mila copie. Se avesse anche suoni meno romanzati, più roots come fossero figli di quel “The Ghost of Tom Joad” del Boss… se i riverberi di voce arrivassero con più discrezione a colorare le intenzioni della voce come di tante altre cose… insomma, fatta eccezione per dettagli più o meno rilevanti ma pure sempre dettagli, penso che questo nuovo disco di Sergio Borsato potrebbe benissimo annoverarsi tra quei dischi che il folk italiano sarebbe orgoglioso di avere nei suoi registri.

Quando la canzone di sfacciato stampo americano si macchia di terra e di uomini, del ferro velenoso delle guerre e quando poi alza la sua voce alla volta delle lotte partigiane di chi alla terra deve tutto… quando il suono di un’acustica è quasi l’assoluta padrona nella colonna narrante, quando la voce sa perseguire intenzioni di emozioni sentite davvero… e dico davvero… ecco che allora sento di dover fermare il rumore attorno e di mettermi in ascolto. Certamente “Liberi e forti” è un forte richiamo a tanto, alla grande letteratura folk rock di Massimo Priviero che non a caso qui appare alla direzione artistica oltre che nella co-scrittura di qualche altro angolo di questo disco… lasciando pure che Borsato interpreti la sua “La strada del Davai” per la bonus track… certamente si sente in modo spietato quello sporco di strade deserte che il Boss (acustico) ha sdoganato al grandissimo pubblico… certamente tutto questo è vero e insindacabile al mio orecchio. Ma dischi come questo non sono dischi di corredo, di arredo a momenti felici, di colore, di sottofondi per viaggi in auto. Sono dischi che raccontano storie, che raccontano la storia. Sono romanzi da leggere tutti d’un fiato… a loro non dobbiamo richiedere il gusto estetico di una melodia e neanche l’impegno metrico delle mode. A loro non dobbiamo chiedere altro che di accompagnarci alla scoperta e al riconoscimento di quel che gli uomini hanno vissuto, hanno prodotto e alla fine stanno pagando. “Liberi e forti” è il ritorno in scena di Sergio Borsato dopo circa 15 anni di silenzio. Un partigiano di questo tempo che come Priviero e pochi altri combattono una battaglia a suon di canzoni. Come a dire: nessuna resa mai… tanto per citarlo ancora, Massimo Priviero…