Jeff Berlin Live – Roma

Jeff Berlin live a Roma – Premessa.

Certi nomi si portano già appresso la leggenda del loro passato e ti chiamano, ti fanno andare da loro ad ascoltarli magari a prescindere dal loro presente (il che a volte, diciamolo con un francesismo che però si usa nelle parti altolocate di Roma, è un po’ una sòla, ma non è questo il caso).

Jeff Berlin, per chi non lo conoscesse e non sia nel frattempo andato in giro per internet a cercare, è un bassista di primissima classe, in senso assoluto, e in particolare uno tra gli imprescindibili nella storia del jazz-rock, non tanto sul piano compositivo quanto su quello dell’apporto fattivo ad alcuni grandi episodi di questa ed altre musiche.

E’ stato nel supergruppo di Bill Bruford con l’ultraterreno Allan Holdsworth e Dave Stewart -tastierista colpevole di essere solo eccezionale in un quartetto di tale portata; ha accompagnato gli Yes in qualche tour degli anni novanta, è stato nel trio di Kazumi Watanabe sempre con Bruford, ha partecipato a numerosi progetti di quegli anni ed è tra l’altro noto per aver rifiutato di essere il bassista dei Van Halen.

Insomma, davvero tanta roba, unita alla sua grande notorietà come educatore, formatore, maestro o come volete dirla, anche in qualità di fondatore di scuole di musica. Sul tema del mentoring sono altresì note le sue prese di posizione piuttosto decise quanto a metodi, approcci e tecniche educative, che gli sono valse anche qualche intoppo professionale ma che chiariscono la caratura di un professionista sempre presente.

Il gruppo del live romano (e di tutto il tour europeo)

A Roma Jeff è venuto in quartetto con

Jorge Vera pianoforte
Asaf Sirkis batteria
Emilio Garcia chitarra

La setlist ha spaziato tra jazz, latin, incursioni rock shuffle, siparietti di classicismo italiano per sorridere e l’irrinunciabile Bach nel bis, magistrale replica jazz-rock del preludio 2 dal Clavicembalo ben temperato che un po’ tutti aspettavano. Il vostro affezionato recensore era in prima fila ed ha avuto qualche problemino audio per via di alcune motivazioni:

  • l’ampli del basso era esattamente frontale alla sedia ed ha posto il basso in primissimo piano davanti a tutto il resto
  • la batteria non era dietro a pannelli ma aperta al pubblico e quindi uno certo non morbidissimo come Sirkis si è fatto sentire assai
  • il chitarrista in più di un brano ha avuto problemi specifici che tentava di risolvere manovrando a mano sulla pedaliera, sicché in un solo palesemente energetico e fiammante si è sentito zero e in altri punti c’è stato un problema stavolta oggettivo di volume
  • il pianoforte ha comunque risentito, pure presente, di una sezione ritmica preponderante. Questa specificità forse è stata avvertita meno nelle file più arretrate

Come è stato il concerto?

Lasciando da parte le questioni di audio, il live di Jeff Berlin è stato davvero notevole; il nostro eroe, settantenne comunicativo e caldo nel porsi col pubblico, ha tuttora le caratteristiche che lo hanno reso grande: un timbro ricco e pastoso, naturalmente tanta tecnica ma anche tantissima musicalità, che è poi la capacità, quando si è fuoriclasse e virtuosi assoluti, di rendere godibile un accompagnamento, un tema, un assolo, dando un senso melodico ed anche logico ad un riff, un tema, un’improvvisazione.

Sono doti che si fanno via via più rare man mano che il livello tecnico cresce, e qui sicuramente c’è l’esperienza di chi lo sa ma anche una storia artistica a testimoniare che questo pregio è lì da sempre.

Sirkis fa con lui un bel lavoro unito e compatto, particolarmente apprezzabile proprio nella sua musicalità quando in alcuni brani salgono dei crescendo trascinanti e vitali in cui i due sanno salire di intensità assieme mostrando anche di divertirsi, non fosse già evidente dalla resa sonora. Vera tiene il passo e, quando chiamato al protagonismo, non si tira indietro e sfoggia un tiro ritmico coinvolgente e intrinsecamente latino, che in qualche passaggio potrebbe riportare a Michel Camilo. Garcia è certamente bravo ma il suo solo arriva un po’ involuto e in vari altri monenti fa capolino la sensazione che sia quello un po’ meno affine al dialetto del gruppo. Si resta però col dubbio, perché davvero non è chiaro quanto lui stesso abbia potuto concretamente ascoltare come necessario la chitarra, visto che il suo armeggiare sembrava dire che anche sul palco non tutto per lui fosse a posto.

E’ stata un’ora e mezza filata via liscia senza un punto debole. Berlin ha rinunciato ai suoi pezzi più rumorosi e rock, che magari avrebbero pure catturato entusiasmi più eterogenei, ed ha puntato su suono, piacevolezza e brani in grado di porre l’alto livello tecnico in un ruolo non inevitabilmente preminente. Sono scelte che magari uno a setteant’anni può decidere di permettersi, ma ribadisco che puntare sulla musicalità suonando nel frattempo con una tecnica mostruosa è roba da pochi.

Si va via con lui vistosamente felice e con un post su facebook il giorno dopo in cui, in italiano, si scusa perché per un equivoco di sala non era uscito a salutare tutti dopo la fine e quindi, avendo una clinic nel pomeriggio romano in un noto negozio di musica, invita tutti gli spettatori del live a passare di lì sottolineando che il negozio è a soli nove km dall’auditorium. Aggiungendo questo ai suoi post quotidiani durante il tour dalle nostre parti e a qualche battuta sul palco direi che c’è la possibilità di rivederlo presto… è stato proprio bene, in Italia.

Bellissima serata