Verdena – Volevo Magia, recensione.

Volevo magia, Verdena – Intro

Passano gli anni, ma la storia cambia poco, anzi, non cambia per niente. Perché possono trascorrere più di 2500 giorni, più di 61.130 ore, più di 220.898.664 secondi, ma un disco dei Verdena lo si aspetta allo stesso modo in cui Seymour attende con ansia il ritorno di Fry in quell’ormai leggendario episodio di Futurama: IN ETERNO. Lo testimonia il tour annunciato e subito sold-out in tutta Italia, il debutto al primo posto nella classifica FIMI e il relativo record di vendite fra CD e vinile, il che dimostra ancora una volta quanto la nostra penisola (e non solo) sia da anni romanticamente ossessionata dal trio bergamasco.

Volevo Magia l’ascolto

Distanti 7 anni da “Endkadenz”, eclettica opera doppia divisa in due volumi, la band di Albino ci presenta “Volevo Magia“, un’eclettica opera doppia in un volume soltanto. Eh sì, perché nonostante il disco sia uno, già dal primissimo ascolto è possibile notare due blocchi distinti e separati, che musicalmente riescono a coesistere, ma che falliscono nell’amalgamarsi perfettamente. Questa immediata sensazione è sicuramente la conseguenza di due fattori fondamentali: la lunghissima gestazione del disco, che a causa della pandemia è composto da produzioni pre-covid e post-covid, e l’improvviso guasto del registratore a nastro durante le sessioni dell’album, unico ed esclusivo mezzo di cui Alberto Ferrari e soci si sono sempre avvalsi per registrare ogni loro fatica discografica, che li ha portati ad abbracciare per la prima volta in carriera la via digitale.

Sono presenti 13 tracce, o meglio, 7 e 6. Perché se da un lato troviamo 7 brani in puro ed epico stile Verdeniano, che spaziano dallo stoner da guerriglia (“Pascolare”, “Crystal Ball”, “Paladini”) alla psichedelia beatlesiana (“Paul e Linda”, “Dialobik”), dal violento hardcore made in U.S.A. (“Volevo Magia”) fino al nostalgico ed immancabile alt-rock post-Nirvana (“Cielo Super Acceso”), dall’altro ascoltiamo ben altro. Troviamo 6 tracce di un’intimità mai espressa prima d’ora, una profondità acustica e figurativa a cui il trio raramente ci aveva abituato. Basti pensare al folk astratto a tinte acid di “Chaise Lounge”, le battiste “Certi Magazine”, “X Sempre Assente” e “Sino a Notte (D.I.)”, la ballata artica “Sui Ghiacciai” e poi lei, il punto più alto dell’intero disco, “Nei Rami”, un film noir che prende vita su un pentagramma, un brano notturno da ascoltare in penombra, con una flebile luce di sigaretta che illumina quanto basta.

Volevo magia – conclusioni

In questi sei brani, oltre a una profondità artistica inedita per la band, si trova il vero cuore pulsante del disco, un cuore che batte più forte anche dei brani più viscerali e violenti presenti nell’album. E questo la dice lunga su quest’ottavo e attesissimo lavoro discografico.

Un disco sicuramente entusiasmante, ricco e fragoroso, che incide in modo ancora più profondo il nome “Verdena” nel firmamento del rock in Italia. Ma inevitabilmente lascia l’ascoltatore un po’ perplesso, perché incapace di trasmettere se vuole essere “ferro o piuma”.