“La tana del Bianconiglio”, F. Facchinetti, recensione

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Continua il nostro viaggio nel mondo dei musicisti che decidono di raccontare scrivendo.

…E non ha mai criticato un film senza mai prima vederlo

Ho pensato allungo su come dare inizio a questa recensione. Dopo idee e ripensamenti ho deciso, così, di scomodare Rino Gaetano e la straordinarietà semantica de Mio fratello è figlio unico. Il perché devo ritrovarlo in alcune critiche che mi sono state mosse quando, là fuori, qualcuno è rimasto negativamente stupito dal libro che ero prossimo a recensire.

“Il romanzo di Francesco Facchinetti? Ma ti sei bevuto il cervello?”

“Eh! Lo saprai che non amo le ovvietà. E poi lo hai letto prima di criticarlo?”

“No! ci mancherebbe altro!”

Da sempre, nel mio piccolo cerco di lottare contro il giudizio pretenzioso e prevenuto. Continuando imperterrito nella mia piccola battaglia del giudica con cognizione di causa. Di certo, però, se questo libro non mi avesse convinto, non sarei qui a scriverne, perché Music on tnt raramente pubblica stroncature gratuite e fini a se stesse.

Il libro, edito da Mondadori, non è un’autobiografia (tirate pure un sospiro di sollievo se lo credete), ma è un romanzo, semplice, diretto e tutt’altro che pretenzioso. Infatti il thriller raccontato dal fu Dj Francesco si affaccia sul davanzale della narrazione attraverso un metodo narrativo scarno nel suo incedere, ma assolutamente dinamico e sorprendente nel suo essere. Un poliedrico gioco di riflessi, fagocitati da ridondanze solo apparenti, in grado di definire la medesima azione attraverso punti d’osservazione differenziati.

La storia racconta (in maniera deliziosamente frastagliata) di strampalati personaggi, apparentemente slegati l’uno dall’altro, il cui unico trait d’union sembra essere il microcosmo oscuro e vitale di Parco Sempione, storico polmone verde della città meneghina. Tra il verde cupo e i dedali naturali del giardino milanese si muovono vicende che si intrecciano tra di loro, proprio come i capitoli raccontati dal proprio autore. Lo stile narrativo, che sembra essere un viatico ragionato tra Camilleri e Paola Barbato, conduce il lettore allo studio degli eventi, tra rewind e flash foward, alimenti pacati di un montaggio tarantiniano in grado di sorprendere nel suo intreccio inatteso.

Un libro, dunque, che, pur non celando nulla di sensazionalistico, offre una finestra godibile sulla narrazione, qui sostentata da reietti, illusi, euforici, poveri, finti poveri, re, regine, schiavi, giullari,saggi, stupidi, depressi e psicopatici.