CASOMAI / Casomai

Se il percorso artistico di CASOMAI fosse quello di una farfalla, che da bruco si trasforma fino a spiccare il volo, credo che potrei facilmente sentirmi come un entomologo. Sì perché, sin dagli esordi come Saverio Cormio (il suo vero nome) – cantautore di Molfetta ormai trasferitosi da un decennio a Bruxelles – ho avuto il privilegio di assistere alla sua tendenza verso una progressiva evoluzione. Il suo primo album del 2017 intitolato Miraggio metteva sul tavolo tutte le influenze accumulate nel corso di una vita (Lucio Battisti, Zucchero e Pino Daniele su tutti), ma il ragazzo non si è accontentato e in questi ultimi due anni, complice anche il forzato lockdown, ha deciso di crescere speditamente, soprattutto sul fronte dell’autoproduzione e dell’utilizzo dei mille tool elettronici messi a disposizione dall’attuale tecnologia. Tutto questo studio e lavoro è facilmente percepibile in ciascuna delle 11 canzoni che compongono il nuovo progetto omonimo e nelle quali ha voluto comunicare le sue esperienze di vita nell’ambito delle proprie relazioni umane e d’amore. Pur restando totalmente autarchico nella scrittura, oltre che nel suonare ogni singolo strumento, si è affidato allo stesso team di Caparezza per tutta la fase di mixaggio e masterizzazione e devo dire che la scelta è stata decisiva per la qualità del sound.

Ne esce fuori un lavoro dal mood tendenzialmente malinconico, ma nel quale Cormio ha inserito alcuni sprazzi di leggerezza, magari anche solo nell’uso del lessico utilizzato o nei cori di voci femminili. L’album si apre non a caso con Amami che ben rappresenta il punto di contatto con la passata esperienza discografica in quanto rivisitazione di un brano già edito, ma con un diverso titolo (Un altro canto). L’evoluzione sopra citata qui può toccarsi con mano, proprio osservando il diverso vestito (e in minima parte la linea melodica) che il cantautore ha voluto far indossare a un pezzo per lui particolarmente importante: un vero e proprio balzo nel futuro. Fra le canzoni più radiofoniche e più riuscite c’è senza dubbio Spensierata banalità che inizia col suono di un piano, al quale iniziano presto a sovrapporsi tappeti di tastiere e il cui ritornello ritmato, veramente indovinato, trasforma una sostanziale ballata in un accattivante uptempo. In Troppo complicata, le parole sanno invece diventare taglienti come lame descrivendo un rapporto che giunge ormai al capolinea lasciando, inevitabilmente, un retrogusto dolce amaro.

Fino alla fine, dedicata alla nipotina, si distingue in particolar modo per le chitarre elettriche sullo sfondo là dove in Step Down addirittura riescono a prendere il sopravvento alzando decisamente “la voce”. L’Attore Principale in parte spiazza l’ascoltatore con chitarre acustiche per la prima volta in evidenza e ricordando piacevolmente il Mark Knopfler di Private investigation. Infine, con la conclusiva Sorprendimi, dalla produzione più essenziale, si riesce ancora a godere della capacità di emozionare di Casomai, con una lenta e tenera carezza sulle note di un piano e poco più.

Chiudo augurandomi che Saverio Cormio possa riuscire a trovare i canali giusti per far arrivare la sua musica a più orecchie possibili (vero grande problema dell’odierna musica indipendente) perché merita di essere ascoltata.