Aikira” Light Cut”, recensione

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Delicato, etereo e complesso.

Un quadro sonoro ricco di sfumature calcolate, spigoli e privazioni, proprio come la rappresentazione grafica della cover art, in cui le illusioni “Echeriane” si avvinghiano a futurismo e strutturalismo. Un suono da percorrere con attenzione e determinazione, consapevoli della possibilità di vivere dilatazioni post rock tanto magiche quanto inarrivabili, proprio come accade tra le trame dell’introduttiva Etera, i cui chiari rimandi F##c dei Godspeed you black emperor sembrano (a tratti) vivere nella partitura di Yonaguni. Proprio quest’ultima appare probabilmente annoverabile tra migliori tracce di un album magicamente sorretto da divoranti modulazioni climatiche e anti climatiche, in cui ciclotimici punti cardinali finiscono per avvolgere il sound ipnotico e disturbante.

Ma chi sono gli Aikira?

Forse sarebbe semplicistico dire: sono Fango, Kote, Andrea Alesi e Lorenzo Di Cesare .

Forse sarebbe eccessivo ridurre la spiegazione ad un banale: sono i sogni narrativi dei God is an astronaut.

Forse sarebbe giusto esprimere un unico e semplice concetto: sono una band nuova ed evocativa.

Il collettivo sonoro, infatti, mostrando il proprio DNA post, qui avvinghiato a ricami più heavy, raccoglie le idee per un album straordinario nel suo genere, in grado di sorprendere senza ricercare nulla di germinale e innovativo, ma mostrando una via narrativa (Vantablack), pronta a “esplodere nel cielo”, attraverso aure strumentali in cui perdersi quando la quotidianità dorme.

L’opera nata nel lasso di tempo interposto tra il 2015 e il 2017, raccoglie espressività oscure che trovano un illusoria apertura in Voyager, psicotica composizione in grado di destare dubbi e rabbia inespressa. Proprio le onde sonore del viaggio fantascientifico si fanno poi più nereggianti con la reiterazione di Elemental 3327, composizione inquieta e angosciata anche grazie all’uso del theremin e del pianoforte, qui narrato in maniera impeccabile da Davide Grotta, che ritroviamo anche nella terminale Elemental 06.

A chiudere il viaggio psicotico di Light cut è infine Something escapes, in cui la voce di Emanuela Valiante spezza in maniera funzionale le spirali espressive di un universo portato alla luce dalla Dischi Bervisti, ancora una volta indelebile voce di un underground di cui godere appieno