Bruce Hornsby – Big Swing Face. Recensione

Bruce Hornsby-Big Swing Face copertina del cd

Se aprite il libretto di “Big Swing Face” trovate una foto di Bruce Hornsby che dice tutto: sguardo fessacchiotto, stempiatura e polo prestatagli da un suo amico grasso suppongo. Esattamente il contrario dell’immagine del musicista à la page.
Sono assolutamente convinto della necessità dei preconcetti e invece di eliminarli come falsamente tutti pensano si debba fare cerco di affinarli sempre di più, perciò con quella foto e tutta la mia arte precognitiva ero convinto di avere tra le mani un certo tipo di CD. Sbagliavo.

Impelagato nel successo del suo disco di esordio del 1986 che fece rimbombare “The Way It Is” per tutto il pianeta, Hornsby si trovava marchiato a fuoco con lo stereotipo di un genere che gli stava stretto. Ci voleva qualcosa di eclatante e “Big Swing Face” in effetti rompe con tutto ciò che il Nostro aveva fatto in passato. Ci sono tastiere dal suono distorto, parti rap, ritmica martellante voci campionate, è come se i manipolatori di suoni Kruder & Dorfmeister fossero diventati talentuosi musicisti.
Perché è questa la discriminante: Bruce Hornsby non saprà dire se questa fine settimana il party più esclusivo si tiene a Londra o a Berlino, ma rimane un superbo musicista. Se non lo sei non puoi farcire “Cartoons & Candy” di un assolo così jazzy, se non mastichi composizione è difficile inserire la sinuosa melodia di “This Too Shall Pass” all’interno di una ritmica così frenetica.
E paradossalmente ritorniamo al punto di prima: il background da musicista diventa discriminatorio.
Mi spiego meglio. Questo è un disco che non dovrebbe esistere perché come non ammetteremmo Springsteen leader di un quartetto vocale doo wop, non concepiremmo DeGregori alle prese con l’hard rock, così non possiamo ammettere l’esistenza di “Big Swing Face”. Chi indossa quella polo non può fare sonorità moderne, chi suona il pianoforte non può cimentarsi con la musica dai sapori dancefloor oriented, non si può ballare e contemporaneamente avere l’intelligenza per gustare l’ironia di “The Good Life” (magari pensando che non si tratti solo di critica al consumismo ma anche di autocritica e addirittura mentre si balla e canta farne, di autocritica).

Dopo questo lavoro Bruce Hornsby diventa credibile in qualsiasi contesto musicale, libero da confronti con la sua produzione precedente visto che con “Big Swing Face” la sua produzione diventa multiforme e perciò per le misere necessità di comparazione-catalogazione, inservibile.
Si capisce quanto il lavoro sia stato catartico da come viene affrontata “The Way It Is” in questa trasmissione televisiva del 2004 (“Big Swing Face” è del 2002). Si parte nel solco dell’originale per poi divertirsi a lasciare che il pezzo diventi quello che vuole contaminandolo addirittura con una citazione di Stevie Wonder.

http://dailymotion.virgilio.it/video/x1tn79_bruce-hornsby-the-way-it-is_music

NB. “Big Swing Face” non contiene la canzone “The Way It Is” e niente che le possa assomigliare. Buon divertimento.