Capone N Noreaga

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Sul manuale di storia della musica ci sono regole non scritte ma ben conosciute da chi è nell’ambiente. Una di queste, specificatamente nel capitolo sull’Hip-Hop, recita “le seconde parti di album importanti, magari usciti un decennio prima, sono quasi sempre delusioni”. E’ talmente vero che molti di questi episodi si fatica anche a portarli come esempio pratico in quanto finiti nel dimenticatoio ancor prima di subito (qualcuno si è accorto di “Still Got It Made” di Special Ed, supposto sequel del suo classico pezzo di fine anni 80 “I Got It Made”?).

Eppure sono in tanti a cadere nello stesso errore. Nell’epoca in cui l’età media dei rappers si è allungata, per alcuni l’unico modo di tenere alta la bandiera della loro popolarità è quello di rivangare i fasti del glorioso passato. La carriera di Capone-N-Noreaga esplose letteralmente in un attimo con l’uscita del loro album d’esordio “The War Report” (1997) autentico film sonoro di guerriglia urbana in cui il Queens viene chiamato Iraq nel quale tute mimetiche vestono i protagonisti che mettono in rima la loro realtà accompagnati, fra gli altri, dai concittadini Tragedy (il loro guru) ed i Mobb Deep e soprattutto da una eccellente produzione cruda, aggressiva e profonda.

Negli anni successivi però i tentativi di raggiungere il successo mainstream oltre a quello underground ha portato il duo a sbagliare direzione più di una volta, ammiccando troppo facilmente a suoni più bonari ed ammorbidendo il loro sound, col risultato di allontanarsi dal loro pubblico hardcore senza conquistarne definitivamente un altro. I problemi giudiziari di Capone, in carcere a lungo in quel periodo non hanno poi certamente aiutato il gruppo a crescere, tanto che Noreaga si è costruito una degna carriera da solista, seppur senza mai brillare.

Poi con calma e senza perdere la pazienza, il duo si è riunito ed ha ricominciato a guadagnare punti, ritrovando la forma degli esordi. Ed oggi, a quasi quindici anni dal loro classico, ecco l’avvenimento che tanti temevano: la parte due, quel seguito che rischia di offuscare la gloria del predecessore. Ma a volte alle regole, anche a quelle non scritte, c’è l’eccezione.

In “The War Report 2” fin da subito si percepisce subito quella sensazione di rabbia mischiata a sofferenza e sensibilità che in un certo senso plasmava il fratello maggiore. “Pain” ne è l’emblema, pezzo d’apertura in cui i due versi dei rappers sembrano dettati dal fuoco dell’istinto e sono coadiuvati da una musica tetra e potente. Poi ci si tuffa sulle strade del ghetto con “Bodega Stories”, puro boom-bap di cronaca di strada in collaborazione con gli altrettanto redivivi Lox (in splendida forma). Ma il primo momento veramente memorabile arriva con “Dutches v. Phillies v. Bambolo”, minimalista ed atmosferica produzione dove i rappers danno il meglio del loro stile ed ospitano un sontuoso Raekwon che impreziosisce ancor più questo diamante.

Dopo questo trittico di lusso, il sound si apre ad orizzonti meno cupi con “My Attribute”, nella quale i versi sono continuamente da un sample vocale che alla lunga infastidisce e sembra fuori luogo, interrompendo un filo conduttore che sembrava già prendere piede. Per fortuna “Favor For A Favor” rimette subito il tutto in carreggiata, è un gangster rap veloce con base essenziale che fa il suo lavoro, quello di far scuotere le teste. E se “Hood Pride” vuole essere spiccatamente radiofonica con il coro di Faith Evans, il risultato è equilibrato ed il feeling street non si perde grazie ad una base tirata e alla giusta drammaticità dei lunghi versi.

Raekwon torna a fare la parte del leone nella sostanziosa “The Reserves” mentre è compito di Nas quello di arricchire “With Me”, una slow-tempo dal suono epico e tetro che funziona grazie anche a versi amari e riflessivi, che si ripetono anche in “Live On Live Long pt. 2”, l’unico vero momento in cui un pezzo del primo album viene citato in maniera pratica, senza rovinarne l’essenza. La lunga posse-cut “The Oath” fa segnalare un Bustarhymes che ritrova la sua vena da grande rapper qual è ma che troppo spesso dimentica, in un clima da “Il Padrino” che a momenti sembra un po’ stucchevole. Molto meglio “Brother From Another”, un resoconto della storia di Capone e Noreaga ed una sottolineatura della loro amicizia fraterna recitata con intensità su un beat dal feeling emozionalmente nostalgico. Ma il vero ritorno al clima “no frills” del primo capitolo arriva con “Thug Planet”, un pezzo di tutta sostanza, beats e rime senza compromessi con l’ausilio dei vecchi compari Imani Thug e Musaliny. Ed il clima sembra non variare nella durissima “Scarface”, il cui titolo fa intendere che si parla di affari sporchi e sogni di gloria spesso spezzati. L’album si conclude con “The Corner”, un pezzo dove i rap vengono parzialmente oscurati da un coretto cantato sintetizzato di cui non si sentiva il bisogno.

Ma a parte qualche sporadica caduta di stile, “The War Report 2” ha il raro pregio di far tornare in piena forma i due rappers, in particolar modo Noreaga che probabilmente raggiunge in questo disco livelli tecnici che non gli sono mai stati consoni. Inoltre la produzione curata in gran parte da nomi che garantisocono la qualità come Alchemist, Buckwild e Green Lantern, si rivolge senza dubbio al pubblico che ha apprezzato il “The War Report” originale, riportando quindi alla ribalta il suono street con poche concessioni a deviazioni commerciali ed in grado di sfornare pezzi che potranno rimanere a lungo nelle playlist. Diventerà un classico come il suo predecessore? fare paragoni è difficile e forse anche ingiusto ma rimane il fatto che questa “parte 2” non è assolutamente una triste manovra per rilanciarsi, anzi è la dimostrazione che i miti negativi si possono brillantemente sfatare.