Circus Nebula “Circus Nebula”, recensione

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“No time for looser”.

Trenta anni di attesa.

Credo ne sia valsa la pena.

Era il 1988 quando i Circus Nebula iniziarono a vedere l’alba del proprio iter professionale. Un itinerario stabilizzato attorno a Marco “Ash” Bonavita, Alex “Juggler” Celli, Bobby Joker. Trinità fulcro di una band destabilizzata da una dilatazione temporale che, tra live, compilation, demo tape i videoclip, è giunto fino a noi nel qui e ora. Infatti, la band (ri)parte con un attesissimo debut (!) marchiato Andromeda Relix che riesce finalmente ad affiancare inediti e brani già storicizzati nell’underground, habitat naturale dove la band forlivese vive e sopravvive da ben tre decenni.

L’album, penalizzato da uno scarno booklet, offre 12 tracce intrise di rock, qui inteso nella sua accezione più ampia. Un disco da considerarsi figlio legittimo di generi diversificati, pronto ad offrirci un accorto scandaglio per esplorare perdute emozioni heavy. Un’opera strutturata adeguatamente, tanto è vero che (soggettivamente parlando) ho avuto difficoltà reali nel trovare ombre o anelli deboli in una set list ricca e ben articolata, pronta ad affacciarsi in maniera naturale a citazionismi mainstream ed auree underground, in grado di restituire graffi e polveri.

Ad aprire l’ottimo disco è Hypnos (intro) , overture disturbante ed inquieta, metafora nebulare dell’oscura (ma al contempo fumettistica) cover art. Le note delle tastiere delineano intenti prog per poi esplodere in un’attesa apertura sonora conSex Garden, il cui riff dominante riesce sin da subito a fondere il rock più puro con striature grunge che, in più riprese, sembrano posarsi su reminiscenze Soundgarden.

La traccia, sviluppata su diversificati livelli emozionali, offre cambi direttivi posti tra guitar solo e filtri vocali, per poi introdurci nel chorus (ahimè) perfettibile di Ectoplasm. I riff si abbassano verso tonalità sabbathiane con Here Came The Medicine Man, di certo tra le composizioni più interessanti dell’album, anche per merito di una struttura minimale pronta ad emergere tra mood diversificati. Sullo stesso orizzonte narrativo arriviamo poi a seventies rock di Rolling Thunder (Raw’n’Roll) , un tuffo danzante che sembra uscito dalle fauci dei Kiss.

Gli influssi virano poi verso uno Slash style nella morbida ballad Welcome To The Circus Nebula e verso venature Motley Crue in 2 Loud 4 The Crowd per giungere all’epilogo con il battito cardiaco delle pelli punkrock di Mr.Pennywise, ed il corposo doom di Spleen , in cui si palesano istinti maiden, qui intercalati su andamenti speed trash sporchi e grezzi, che fanno intuire come la band abbia in sé una rara poliedricità artistica.

1 Hypnos (intro)
2 Sex Garden
3 Ectoplasm
4 Here Came The Medicine Man
5 Rolling Thunder (Raw’n’Roll)
6 Vacuum Dreamer
7 Welcome To The Circus Nebula
8 2 Loud 4 The Crowd
9 Electric Twilight
10 Head-Down
11 Mr. Pennywise
12 Spleen (Remastered)