Eco Nuel “Almost white”, recensione

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Non so bene il perché, ma fino a 20 anni fa avevo un interesse molto relativo verso la voce femminile. Il mio approccio alla musicalità era prettamente misogino, senza un apparente motivo, forse perché il mio ego musicale arrivava per lo più da quel mondo macista del metal anni 80-90. Fortunatamente il mio paraocchi post adolescenziale ha lasciato ben presto spazio ad una più ampia visuale.
Oggi il mio approccio musicale, forse dovuto ad un inconscio contrappasso, è mutato radicalmente tanto da portarmi a ricercare con sommo interesse le voci femminili della musica contemporanea, che ad oggi sono quelle che riescono a smuovere più facilmente la mia emotività sonora. Artisti come Agnes Obel e Jessica Lea Mayfield incontrano i miei favori esattamente come le più commerciali Sia ed Any Mcdowell.

Con questo particolare approccio, ho iniziato l’ascolto di Almost white di Eco Nuel, che, dopo le esperienze con i Prometeus 911 e Eco & Henry Hugo, arriva al primo full lenght da solista. Un digipack, orfano purtroppo di booklet, ma forte di un’art work interessante ed accattivante, che apre a 9 tracce dall’alterna fortuna, realizzate in stretta collaborazione don Massimiliano Gallo e Cristian Motta, ai quali si uniscono in veste di guest star Luca D’Alberto alla viola e Oreste Forestieri al clarinetto.

Il disco raccoglie a se un’anima prettamente pop, che sembra sensibilmente strizzare l’occhio ad una armonica sperimentazione vocal musicale, figlia probabilmente legittima di Eco Mike, ahimè concettualità troppo poco citata in questo disco, che avrebbe di certo giovato di interventi maggiormente arditi. Un disco che gioca su dicotomie esistenziali e necessarie, per un disco limpido e opaco all’unisono, orientato verso il “quasi” del titolo.

Infatti il racconto delle nove liriche si manifesta in una alternanza di (più o meno) buoni episodi, partendo con il piglio sbagliato di A Good Reason e Insomnia, le quali, assieme a The road, rappresentano il lato meno convincente di Eco Nuel, fortemente penalizzata da una pronuncia anglosassone vacillante, che si acuisce su tonalità basse. Eppure la voce calda e melliflua della frontgirl porta con sé la piacevolezza, forse acerba, di una serie di stilemi interessanti, ma non del tutto sviluppati. La voce, che a tratti sembra ricordare l’arte dei Nouvelle Vague, trova il suo lato luminoso se supportata adeguatamente da sonorità estese come accade in Madame, in cui l’indie pop si mescola a striatura darkeggianti, ma al contempo easy listening. Di ottima fattura sono poi la trainante Home e Pale new sun. in cui metafore rumoristiche accolgono lande di armonia sonora. Non mancano infine gli arditi cambi direzionali di The river song e accenni elecrodub di Air Pocket, che chiude un album in cui la ninfa mostra la sua beltà, ma anche al sua inesperta giovinezza.

tracklist

A Good Reason
Insomnia
Madame
Pale New Sun
The Road
Home
The River Song
Perfect Doll
Air Pocket