Enrico Ruggeri “Frankenstein”, recensione

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Per costruire un uomo….ci vuole tempo e molta dedizione e totale applicazione

Soggettivamente parlando non mi sono mai invaghito di Enrico Ruggeri, forse inconsciamente lo avrei voluto fare, ma non sono mai riuscito nell’intento. Citando però Honorè Gabriel Riqueti de Mirabeau, posso affermare senza timore che… solo gli stolti non cambiano mai opinione.
Il mio ripensamento non è tanto una folgorazione sulla via da Damasco, quanto una presa di coscienza nei confronti di uno tra più i coraggiosi artisti italiani del cosiddetto mainstream. La voglia di poliedricità di Ruggeri lo ha infatti portato a sfide curiose come quella legata alle coverizzazioni di Punk prima di te, alle opere letterarie nelle quali si è cimentato con discreto successo e al mondo televisivo dal quale per il momento è fuggito.

Oggi il musicista milanese arriva al suo trentesimo(!) album, spinto dalla voglia di stupire attraverso l’inusuale decisione di sviluppare un concept, struttura narrativa ancora molto utilizzata nell’underground metal, ma molto poco sfruttata dalla cosiddetta musica popolare.

L’autore, con il suo nuovissimo Frankenstein, affronta con accorto coraggio espressivo la rivisitazione musicata del romanzo di Mary Shelley, che con il suo moderno Prometeo appare legato alla nostra società più di quanto non si creda. Infatti il disco, scritto e registrato nell’ordine cronologico a noi giunto, appare come una attenta metafora dei tempi moderni, arrivando a analizzare tematiche contemporanee legate alla diversità, all’emarginazione, alla negazione della morte oltre alle paure più (ir)razionali.

Ad aprire questo ardimentoso concept è la breve introduzione sonora, in cui si percepisce sin da subito l’urgenza espositiva ed emozionale che si racconta in maniera dolce e cadenzata, attraverso il flauto di Elio e la drammaturgia delle tastiere, pronte a d accompagnare il viaggio sonoro verso la maturazione armonica de La nave. La track si sviluppa su di un pensoso pianoforte viene agganciato da una tra le più interessanti ritmiche del disco; un cadenzato uso del drum set giunge ad un abbraccio sonoro con la chitarra che, nel suo movimento in levare, vive su di alcune definizioni sonore pronte ad una diluizione su accenti ben assestati.

I ritmi sono poi ritmi calmierati con Il capitano , il cui approccio più posato presenta il suo lato espositivo, il cui pathos è acuito dall’utilizzo diversificato delle tastiere al servizio di una traccia creata per trasmettere fredda ponderatezza e romanzata narrazione. Il suo sapore seventiees ci porta senza soluzioni di continuità al rolling rock di Le affinità elettive ed alla baustelliana Per costruire un uomo , fabbricata seguendo clichè dejà ecù dell’artista.

Se poi con l’andamento rock della titletrack si vanno a concretizzare un uso più evidente del basso e una struttura più moderna ed interessante del chorus, è con Il cuore del mostro che riscopriamo un andamento nobile ed elegante, interposto tra spezie delicate e tratti cripto jazz che, assieme a impercettibili rumorismi, bilanciano l’eccessivo utilizzo delle tastiere talvolta invasive.
Nel proseguo della narrazione, l’ascoltatore avrà modo di incontrare l’anima punk di Ruggeri, vivificata dalla convincente sonorità di L’odio porta odio, la ponderatezza sognante di Il tuo destino è il mio e la chiuse sonorità di Ucciderò (Se non avrò il mio amore) traccia che, con il suo incipit in Lou Reed style, offre spazi emotivi ad uno splendido violino, abile nel catalizzare l’atmosfera in cui l’amore negato offre spazi narrativi in linea con l’opera più temeraria di Ruggeri

1. Diverso Dagli Altri
2. La Nave
3. Il Capitano
4. Le Affinità Elettive
5. La Folle Ambizione
6. Per Costruire Un Uomo
7. Frankenstein
8. Aspettando I Superuomini
9. Il Cuore Del Mostro
10. Ucciderò (Se Non Avrò Il Mio Amore)
11. L’Odio Porta Odio
12. Il Tuo Destino E’ Il Mio
13. L’Infinito Avrà I Tuoi Occhi