Epictronic

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Un logo elegante, essenziale nella sua vettorialità. Argento su nero lucido.
Si presenta così una nuova e dinamica realtà rock di nome Epictronic, sincrasi evolutiva di Promozione-Distribuzione-Publishing. Una realtà indipendente, che sembra voler partire con il giusto piglio attraverso produzioni di elevata qualità, proprio come dimostra la presenza di una tra le più interessanti band contemporanee: The way of purity.

Un ottimo appiglio da cui partire attraverso l’interessante ed eclettico mondo new wave dei Deplacement e la melodia easy degli Ashes to ashes. Un incrocio incondizionato di intuizioni e generi diversificati, che sembrano voler fondere il proprio valore espressivo mediante sovrastrutture sonore in grado di ampliare orizzonti calcolati.

Pertanto la nostra urgenza esplicativa finisce per schiudersi ai margini del disco arrivato in redazione, che, nella sua semplice veste slim, ci racconta, attraverso ben 18 tracce, sei anime di un rooster ambizioso.
Un mondo che ha il suo inizio nell’anima pura di Jamie Lee Smit, cuore pulsante dei Azylya. La frontwoman affronta il suo sentiero solitario attraverso un impostazione fondamentalmente popoular, in cui il cantato d’oltralpe si pone come base originale di un accorto coraggio espositivo, in grado di raccontare un piacevole alt-rock easy. La voce armoniosa e delicata ci trascina tra semplicità esecutiva della sezione ritmica, prima di approdare tra le radici degli Ashes to ashes. La band aggressiva, ma al contempo armonica, offre corde tirate da lievi elementi sinfonici, i cui remind anni’90 rivisitano sentori Cranberries, qui deformati da heavy e nu-electronic.

Se poi, con gli Earthist le note della chitarra classica introducono venature celtic folk prima, e alt rock dalle impostazioni wozniakiane poi, con le tracce dei The way of purity ci si ritrova straniti per l’impatto sonoro mutato dal loro recente passato. Un clearing che (di certo) non convincerà i vecchi fan, ma che aprirà portali nuovi.

Tra le migliori proposte, invece, annoveriamo gli echi ed i riverberi dei Arsenic Unbirthday, che tra stop and go e cambi direzionali, si legano all’ambito electronic, qui ispirato ad un’arte antica, in cui l’inquietudine traina l’ascoltatore mostrando una traccia pronta a lasciare spazio alle molte armonie. Sulla medesima linea si pongono, infine, i Deplacement, con la loro elettronica vintage-new wave. Un insieme di sonorità piuttosto espressive ed oniriche, che conducono il surreale verso un battito cardiaco sintetico, pronto ad avvolge le calde vocalità del front man. Una danzante aurea sintetica che ridefinisce i parametri di un ottimo intuito espressivo, innestato tra filtri ed una imponente drum machine.