Fibrillante – Eugenio Finardi – recensione cd

cover cd

Poter finalmente raccontare un disco di Eugenio Finardi è un vero privilegio di cui da tempo speravo di poter godere. Sì perché, a mio avviso, trattasi di uno dei cantautori più sensibili, controcorrente e interessanti del panorama musicale italiano che, tuttavia, era rimasto artisticamente in silenzio ormai da troppo tempo (il suo ultimo disco di inediti risale praticamente al ‘98). Tale silenzio viene piacevolmente rotto con il suo nuovo lavoro dal titolo “Fibrillante” nel quale ci descrive, a modo suo, l’uomo (inteso in senso antropologico) nelle sue varie sfaccettature: fragilità, emozioni e sentimenti. Il leitmotiv che fa da sfondo a quasi tutti i brani, fungendo da lente d’ingrandimento per l’analisi dei vari personaggi che li animano, è la crisi economica attuale. Da sempre Finardi non usa mezza termini per descrivere la sensazione di smarrimento che il mondo è capace di provocare sulla singola persona con le sue impietose e definitive “sentenze”, che portano all’inevitabile isolamento e contro le quali l’evasione totale sembra essere l’unica soluzione (ricorderete i versi del ritornello di Extraterrestre). In altre parole non ci parla mai “della gente”, in generale, ma descrive sempre il tutto mettendosi nei panni di uno “specifico altro”. In questo approccio, devo dire, mi ricorda molto Springsteen.

Sin dall’iniziale “Aspettando”, con quelle note rock un po’ dark, che favoriscono l’introspezione, il grande interrogativo che pone è spiazzante: a cosa porterà tutta questa attesa di un cambiamento che sembra non arrivare mai? Ogni persona ha bisogno di serenità, di trovare “un posto nella società, di sicurezza nel futuro”, ma nessuno è in grado di dare delle risposte. Purtroppo, neanche l’autore.
Sferzante, come solo Finardi sa essere nelle occasioni che meritano, l’attacco riservato alle scelte dei nostri politici (che troverà la sua ulteriore apoteosi nella finale “Me ne vado”) e dei capitalisti, nell’energica “Come Savonarola”. Basta riportare un breve passaggio del testo per entrare a pieno nel suo mood da “manifesto del nuovo Masaniello” (come si definisce lui stesso): “hanno vinto i culi stanchi, gli arrivisti, gli arroganti che più falsi non ce n’è…urlo alla luna e al sole le mie inutili parole che nessuno sa ascoltare, allora ho voglia di bruciare urlando a squarcia gola come Savonarola!”. Rasoio affilato # 1.

Ma non c’è solo la protesta, forte e decisa, c’è anche la delicata disperazione di un padre che, da separato, si vede costretto a fare la posta davanti alla scuola della figlia (che lo crede lontano, in Africa) e spiarla da lontano, pur di vederla crescere, senza farsi riconoscere per la vergogna del proprio stato di povertà che gli ha ormai ferito anche la dignità più profonda. È la “Storia di Franco”, che termina con la speranza che, un giorno, potrà finalmente riabbracciarla, quando avrà vinto la sua battaglia con la vita. Ma non ora.
Non si scarta proprio niente in questo “Fibrillante”, come ai bei tempi della carriera di Finardi: “Le donne piangono in macchina” ad esempio evidenzia la sua grande sensibilità di sempre, necessaria per provare a capire i sentimenti forti dell’altro sesso, dimostrando la più totale empatia, nonostante la oggettiva e radicale differenza con noi uomini. In “Fortefragile” (il cui testo è una visione parallela a quella di “Quel che rimane di noi”, dell’ultimo di Ligabue) c’è di nuovo la crisi, con le sue bollette e la sue scadenze, che servono da “occasione” per un’analisi profonda delle persone che non hanno perso i propri sentimenti. Alla faccia di tutto e di tutti.

Ultima citazione per la politica radicale di “Moderato”, critica sarcastica all’immobilismo di chi non sa prendere decisioni, di chi non rischia mai per paura di mettersi in gioco: “Una causa nobile è una poesia, tu resti immobile… io volo via….sei moderato…ingessato”. Rasoio affilato # 2.

Bentornato Eugenio e grazie di cuore per le tue emozioni. Imperdibile.