Fluxus “Non si sa dove mettersi” recensione

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No, il beat ed il progressive non riguardano il mondo dei Fluxus. Il titolo Non si sa dove mettersi raccoglie solamente una citazione dei Stormy Six, virando però verso una concettualità di intenti che si mostra come fulcro destabilizzate pronto a far parlare di sé dopo ben sedici anni dall’ultima opera targata West Link Recorders.

Infatti, la band torinese torna alla propria comfort zone, posta tra il paronoico post hardcore e il visionario spirito discorsivo, in cui le suggestioni noise si avvinghiano ad un nuovo sguardo a tratti socio-distopico, dal quale nascono e maturano strutture espressive di grande impatto comunicativo.

Ma… come inizia il nuovo itinerario dei Fluxus? Inizia con un’introduzione cadenzata, grezza ed inquieta, ricca di riferimenti controllati ed istinti ottimamente calcolati, posti su di un pattern reiterato e visionario in cui proprio le note di Nei secoli fedeli vanno a schiudere un guscio sonoro pronto a vomitare il proprio disappunto narrativo con Licenziami dal mondo, un’area heavy che si sposa alla perfezione con la riconoscibile timbrica di Franz Goria che ( e lo dico da fans anni ’90) a tratti ricorda gli stilemi di Angelo Cippa. Ma da qui il mondo Punkreas è molto lontano, sia per sonorità più heavy oriented, sia per un songwriting ricercato e meno easy, nonostante l’attitudine punkettara evidente nei passaggi di Ma ero già indietro e Mi sveglio e sono stanco.

Il suono si fa piacevolmente pesante tra i passaggi di Prescrivimi qualcosa, in cui l’atteggiamento alternative convoglia verso confini Marlene per poi calmierarsi nell’osservativa La decima vittima, in cui la voce filtrata mostra un lato inesplorato. Il filo spinato torna a pungere però con la martellante Gli schiavi felici, probabilmente annoverabile tra gli episodi più interessanti di questo grande ritorno. Un suono non troppo discosto dal nu-metal di inizio millenio, che traina l’ascoltatore tra cupo pessimismo centripeto e intuizioni narrative, vicine ancora una volta a Cristiano Godano. I riff appesantiti tornano poi con la Bianca Materia, occludente e claustrofobica traccia, ideale bridge verso il nichilismo malcelato di Datemi il nulla e la irrequieta Alieni per strada, in cui le linee di basso dominano su l’unico anello debole di un disco atteso per lungo tempo.

1. Nei secoli fedeli
2. Licenziami dal mondo
3. Ma ero già indietro
4. Ami gli oggetti
5. Prescrivimi qualcosa
6. La decima vittima
7. Mi sveglio e sono stanco
8. Gli schiavi felici
9. Bianca materia
10. Datemi il nulla
11. Alieni per la strada