Full lether jackets “Forgiveness: Sold out”, recensione

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Dopo circa 2000 recensioni credo sia la prima volta che sento il bisogno di utilizzare un tono bonario, amicale e pseudo colloquiale, ritrovandomi (anche) ad usare una mala parola…ma quando ci vuole ci vuole: Cazzo! Che bel disco!

Quando metti un disco nello stereo e dopo poche note ti ritrovi a sbarrare gli occhi iniziando a volteggiare per la stanza (poco importa se con il corpo o) con la mente, significa che siamo sulla via giusta e non certo su quella dell’usa e getta.
Così (mi) è accaduto al primo ascolto di Forgiveness: Sold out, debut folgorante dei Full Leather Jackets.

Prima di andare nello specifico, però, sento il dovere di esprimere dissenso sull’opera di cover art, a mio avviso molto poco azzeccata (nonostante la piacevolezza stilistica), e sul pessimo monicker scelto dalla band.

Non me ne vogliano, anche perché la potenza espressiva del quartetto heavy sembra andare ben oltre le apparenze. Un tuffo in piena HM golden age, non solo grazie a riffing accorti e citazionistici, ma anche per merito di una linea vocale che a tratti ricorda il miglior Michael Kiske. Non a caso alcune intercalazioni tra heavy e power metal delineano i contorni di chi sembra avere dietro di sé una cultura musicale che dai Maiden (ascoltate il finale di Son of the morning star) giunge sino al mondo di Killing is my business.

Se poi influssi glam (The outcast) vengono mitigati da una bass line ben assestata, ci si avvicina alla perfezione estetica attraverso un vero e proprio inno heavy: Steel Pirates coacervo di influssi passatisti, rivisitati con intelligenza da riffing trainanti che non dimenticano divagazioni Gamma Ray.
Ma torniamo alla ricerca di ombre che di certo non troviamo nella teatralità hard rock di Mrs Revenge, ma che sembrano emergere nella ballata di No way out, in cui la debolezza espressiva della strofa trova un recondito angolo perfettibile. La strada però è immediatamente riassestata grazie alla distorsione di Russian roulette, per la quale appare impossibile non cadere nel più classico headbanging, e l’emozionalità sonora di Murder in the first, in cui la 4 corde ci invita ad osservare intenti blandamente stoner.

A chiudere l’ultima perla underground targata Red Cat Promotion è, infine, la conclusiva White Robes, il cui ciclotimico andamento e i rimandi Ronnie James Dio confermano quanto detto (volgarmente) in incipit.

Up the F.L.J.

1. Purple Mud
2. Son of Morning Star
3. The Outcast
4. Steel Pirates
5. Mr Revenge
6. No Way Out
7. Russian Roulette
8. Murder in the First
9. White Robes