Gizmodrome

Cd Cover

Parlare di un lavoro del genere è qualcosa che già di suo fa un po’ sorridere, perché la sua genesi ed il suo stesso esistere sono frutto della voglia di suonare e divertirsi, tra grandi che spontaneamente mettono assieme musica in studio e tirano fuori un album dal gioco. Quindi c’è poco da fare gli analisti, basta un primo ascolto appena iniziato e l’aria che tira si capisce.

Stewart Copeland – batteria.
Mark King – basso.
Adrian Belew – chitarra
Vittorio Cosma – tastiere.

A sentir nominare questi quattro il minimo che viene da dire è supergruppo, fuoriclasse, vecchi leoni… Tutte robe insidiose, perché poi qualcuno si aspetta il capolavoro o chissà cos’altro. Qui di inventiva in senso puro ce n’è poca: non cercate qui composizioni articolate, sincopi devastanti, strappi e riprese al fulmicotone. Qui si suona per il gusto di farlo, c’è il suono pulito di chi sa davvero suonare e produrre.

Difficile che qualcuno troverà indimenticabile questo lavoro, ma in fondo chi se ne importa, perché a inseguire l’imperdibile si resta con mica tantissima musica, eh? Godendosi invece la scorrevolezza pop-rock di brani molto gradevoli ci si diverte anche da ascoltatori e si sta in linea con lo spirito evidente dei suonatori, e alla fine questo è uno dei modi più efficaci per tirar fuori il massimo da un ascolto.

Quindi via, a giocare anche coi rimandi e i riferimenti… a cominciare da Zombies in the Mall dove c’è Zappa negli accostamenti strambi e nelle voci, o proseguendo con Stay Ready in cui arriva un po’ di Who, o con Man in the Mountain in cui, più che altrove, Stewart Copeland sembra ricordare… quello, sì, … com’era quella canzone… Don’t box me in! Ecco, Stan Ridgway! Ah, la canzone era di… di quello, dài, … ah, Stewart Copeland. C’è Summer’s Coming in cui arriva la voce straordinariamente anni ottanta di Mark King in un ritornello che apre armonie e riverberi suggestivi grazie anche agli effetti differenti sulle due voci che qui, veramente, fanno percepire cosa significhi produzione… E poi arriva il pollicione del suddetto King che in quegli anni ottanta ha fatto i botti e che qui si scatena in Spin This, che infatti fa tornare alla memoria la mai completamente sparita Hot Water… E ti sembra che a volte lo facciano proprio apposta, quando ad esempio ti cantano I know too much in un ritornello che ha ritmica e atmosfera a portarti da Dave Matthews in… Too much. Poi c’è Elio in italo-inglese con gli altri (ed immaginiamo altre risate in studio)…

Sì, si potrebbe andare avanti, ma l’andazzo è chiaro e non ci va di dirvi tutto tutto. Questi suonano per divertimento, non sono preoccupati di tirar fuori il singolo, non c’è all’opposto il progetto cripto-jazz né la pensata intellettuale… E va bene così, è uno di quei casi in cui esce una parola che di solito pare vecchia e lo è pure qui ma ok, diciamola: Vivaddio! Musica, che piaccia o no, perché tanto i quattro giocherelloni hanno tutta l’aria di chi vorrà pure rifarlo, contento di ritrovarsi. E ne saremo contenti pure noi.