Gutrot/Syphilic “Portopotty Pervert, recensione

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Nessun orpello e nessun compromesso.

O voi amanti dell’estremo, ecco a voi il disgustoso (e chi ha orecchie per intendere..intenda) di Portopotty Pervert split dominato dalle peggiori perversioni umane, che sin dalla cover art (occultata) portano il folle ricercatore dell’estremo a specchiarsi nel mondo posto al di là dell’estremo stesso, dove ondinismo e coprofagia scavalcano ogni limite, proprio come questo disco, ideale… se cercate la conciliazione tra folle ribrezzo, ironia destabilizzante e brutalità destabilizzata.

Gutrot
La riedizione del disco, targata Permeated Records ci invita con Government Cheese Pocket Pussy nell’antro marcio e virulento di un’implosione, qui delineata da un uso blasting del drum set, che assieme all’iper gutturale sonorità della voce, definiscono l’incipit dello split nel miglior modo possibile, portandosi verso il grezzo e tribale battito di Research DNA, in cui si erge l’efferata violenza del grindgore, anche se la diluita durata del brano offre alla band sentieri divergenti, in cui il pattern avvolge l’ascoltatore mediante rallentamenti ragionati. Proprio da qui ripartono movimenti stilistici, che giungono a ricercare e trovare (inaspettatamente) un lato percettivo pseudo-leggibile.

Di interessante fattura appare poi l’ottimo avvio di Snorkellinh in Diarrhea Blood Brothers dei Malevolent Creation, da cui ritornano percezioni cromatiche chiare, innestate con piacevole sorpresa nel mondo perverso dei Gutrot.

Syphilic

A dare poi continuità al disco sono i Syphilic, straordinaria brutal band che, partita da Detroit poco più di 10 anni addietro, arriva a confermare le attese già formalizzate con A composition of murder. Infatti, per chi, come me, vive di estremizzazioni sonore, la band offre con Toyletroll una finestra sulle proprie potenzialità, ricamate attorno ad una capacità strumentale chiara e pulita, in grado di raccontar layer narrativi diversificati, soprattutto grazie alla straordinarietà di Brian Forgue pronto a diramare il suo cantato inseguendo passaggi veloci, ma soprattutto cupi, profondi e privi di reali sovrastrutture. Il brano, che a mio avviso vale d solo l’intero split, racchiude in sé l’orizzonte visionario della (oneman)band, attraverso una lunghissimo suite dalla quale si riesce a percepire e scoprire l’habitat nereggiante, in cui i Syphilic vogliono muoversi. Un affanno malsano, che tenta di riconciliarsi con la “normalità” per mezzo della cover di Lord of all revers and plague, estratta dagli albori del death. La track posta sull’”altare della follia” viene rivisitata mediante un’efferata impronta (forse) dissacrante , ma al contempo diverte.

Un disco che mi ha sorpreso, non tanto per la perfettibile cover art, quanto per i contenuti musicali che mi riconciliano con la brutalità!