Kinzli & the kilowatt Down up Down, recensione

kinzli.jpg

Kinzli Coffman è un’artista che avrei voluto incontrare qualche anno addietro, lungo la mia durevole strada musicale; avrei voluto arrivare a lei già al suo esordio, per potermi godere magari qualche live o qualche nota in più di oggi. Ma ora che ho incontrato questa interessante cantautrice d’origine sud coreana, credo che l’infatuazione momentanea possa tranquillamente tramutarsi nel tempo in un reale interesse oggettivo ed un amore musicale soggettivo.

In questo Down up Down, l’insegnante del Colorado ha deciso di avvalersi di un ensamble musicale al quale è stato il nome di The Kilowatt, grazie ai quali Kinzli riesce a dare sviluppo alle sue idee musicali, che si dipanano attraverso 11 tracce, dalle quali appare difficile estrarre momenti appannati.

Quello che viene fuori da questo full length, targato Gpees Production e legato alla distribuzione italiana della Lunatik, è semplicemente un conpendio di indie pop, mescolato a folk & jazz, dai quali scaturiscono decine di influssi sonori. Dolcezza e melanconia sembrano essere capaci di avvilupparsi attorno a incontri di note aperte e rasserenanti, nell’infinita necessita di ritrovare un io forse perso nel suo essere zingaro.

L’incipit di Down up Down è segnato da Don’t shoot, brano pacato che metaforizza una breve e malagevole salita verso una vetta conquistata da un bridge cotonato di vocalismi, che ci riporta all’armonia iniziale, allineabile a certi movimenti Cocorosie, tra trovate alternative e pop indie.

Molti potrebbero essere i parallelismi con l’elite canora dell’underground, pur mantenendo saldamente una forte e propria identità, come dimostra la bellissima We Walk For Peace in cui la freschezza sonora sembra condurci all’innocenza infantile, da cui si estraggono gocce di Anthony and the Jonhsons.
Con Watery air la convinzione compositiva e la beltà realizzativa dell’autrice sembra acquisire il giusto spessore, attraverso un delicato e soffuso sound in cui la chitarra tende a introdurre la partitura, ponendo grande attenzione all’ascoltatore, che potrà notare una curata sezione ritmica impreziosita da una buona armonizzazione e ad un altrettanto pulito arrangiamento. Un’accentuata melanconica definisce con leggerezza il suono dilatato del basso ed un utilizzo alternative della batteria, che pare voler palesare brandelli di free all’interno delle proprie bacchette.

Se poi Star Gazing appare più scabra e minimalista, ma non per questo meno efficace, Distant Shore racconta l’amore di due chitarre abbracciate all’unisono, il cui suono appare pronto a trasferirsi in una ritmica retrò, che ospita un violino e alcuni tasti bianco neri, perfetti cavalieri portanti della vocalità della Coffman, eccezionale colonna sonora di emozioni filmiche alla America life e Garden state .

Kinzli sembra poi voler stupire attraverso la (forse) pretenziosa I read your letter, una sorta di micro suite suddivisa in diversificati movimenti, tra armonie che riescono a donare un quadro completo, ma non esaustivo, delle capacità dell’autrice. All’interno della canzone nel suo 4°movimento fuoriescono omaggi al cantautorato di Simon & Garfunkel attraverso il supporto alternativo di assoli, che non hanno l’obiettivo di regalare virtuosismi, ma quello di stabilire una mescolanza di note variegate, magicamente saldate l’una all’altra.

Agli sviluppi sonori si aggiungono poi perle indie-Bjork come Oahu e i propositi Kusturicani di The Land of il (3 part dance), da cui emergono spezie balcaniche tra stralci di triste malinconia e fugace felicità, ridefinita poi dalla traccia forse più vicina al pop alternativo di Sia e Mcdowell The future che, con spensieratezza canora, tende a normalizzarsi su di una linea di cantato che strizza l’occhio al pop funky e al confine borderline dell’easy listening.

Tracklist:
01- Don’t Shoot
02- We Walk For Peace
03- Watery Air
04- Star Gazing
05- Distant Shore
06- I Read Your Letter
07- Oahu
08- Korean Interlude
09- The Land of il (3 part dance)
10- The Future
11- Safe Place For Us