Mad dogs “Niente è come sembra”, recensione

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Niente è come sembra…tutto ciò che si ascolta e si vede in questo disco sembra voler avere una lettura diversificata. Un analisi diretta ed una allegorica, in grado di dipingere le proprie intenzioni ai margini di nove tracce fondamentalmente rock, in cui sentori seventies si fondono alla grezzezza (protopunk)-garage e ad una comunicatività priva di filtri.

Si chiamano Mad dogs, sono marchigiani e calcano le onde rock da poco più di un lustro.

Dopo il promettente Condizione d’equilibrio, il quartetto ritorna cinto dalla Go Down Records con un album maturo, diretto e inevitabilmente carico di intemperanze ed idee rassicuranti.

Il disco, aperto da una studiata e oscura cover art, sembra volersi dirigere verso un’immediatezza espressiva, attraverso le note iniziali di Nel profondo, atteggiamento rock dai sentori anni’70. Chitarre che alimentano riff e diluzioni, mentre la vocalità si presenta come impostata senza particolari overlay. Tanto è vero che linea vocale e la partitura stessa si pongono sulla medesima retta tra drum set ordinato e vintage, e riverberi tirati dalle stoppate. L’azione espressiva si arricchisce di groove e good vibration con i filtri vocali di A costo di Sbandare, che conducono il bridge verso armonie Malfunk, per poi virare verso il battere grezzo di unImmagine riflessa, pronta a raccogliere spezie alt-rock di inizio secolo.

L’opera nuova dell’ensemble sembra voler raccogliere gli spiriti del rock dell’ultimo quarantennio, ponendosi su di una sottile linea di confine, in grado di armoniche e coerenti consonanze, pronte a sviluppare sentori retrò con le melodie blandamente ricercate, proprio come dimostrano episodi arditi (Memento) e riusciti giochi sonori (La condizione di te).

Tra i momenti più alti del platter annoveriamo l’impatto convinto e convincente di Uccido Paranoia, malcelata citazione al mondo Marlene, e la grezza e battente Senza tempo, pronta a modulare forme liminari di hard rock, in grado di edulcorarsi nel viaggio verso Avanti me. La lunga composizione sembra, difatti, voler lasciare l’ascoltatore attraverso osservative e calmierate note “timoriache”, manifestazione ulteriore di una anima rock che non vuole nulla…se non essere ascoltata e vissuta.