Mad Penguins “El capretto”, recensione

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Chi ultimamente ha detto che il concept album non è più uno strumento di comunicazione discografica, è probabilmente un qualcuno che vive esclusivamente di mainstream! Il concept album, infatti, è da sempre una particolare forma espressiva che ha di certo ottenuto risalto con i meandri espressivi di Waters, ma che già agli albori degli anni 40 aveva visto il folk di Woody Guthie alle prese con il magico fil rouge, tipico habitat filologico imposto dalla narrazione.

A riprendere il format molto speso vicino al mondo del metal e dell’undergronud sepolto, sono i Mad Penguins, doomstoner band del bresciano, pronta a raccontare (peccato solo per l’assenza di un vero e proprio booklet) una storia oscura e diretta, incentrata sul concetto di Ubermensch, il superumo nietzchiano. La band, infatti, intenta nel perseguire un abbandono di ipocrisie e moralismi, si affaccia dal proprio scheletro stoner verso spezie rock, heavy e grunge, attraverso dieci tracce dall’impatto sonoro imponente, proprio come dimostra il convincente opener in stile Kyuss di Dragons United. Accordature ribassate ed un chiaro sapore stoner defluiscono in una lontana linea di cantato, che si fa inquieta e vicina a certi episodi Voivod.

La vocalità, quasi in secondo piano rispetto allo spettro sonoro, vive ed assiste i cambi direzionali di una traccia da ascoltare ad occhi chiusi, in modo da poterne essere travolti e trasportati attraverso un ondulato movimento di leggero headbanging. L’uso schizofrenico dei piazzi ci introduce alla pressante calca sonica di Finger is my name, di certo tra le track meno convincenti, contrappasso ideale di Aktarus. Quest’ultima si apposta su di un territorio chiaramente Sabbath, tra piccoli cambi agogici ed impronte ipnotiche ben incanalate dalla quattro corde. I cambi lineari si concretizzano nelle corpose note in battere, distorte e ridonadanti, ma pronte ad aprire verso impulsi post grunge (Trunk) ed impatti QotsA (TRansreptile).

Con El gordo si torna poi su ottimi livelli compositivi, grazie alle tonalità nereggianti mai lasciate al caso, come dimostra l’intuizione Iommiana di Moses e l’aumento di velocità esecutiva di Rain, fog and cold on monday. Proprio nell’atto di chiusura la band sembra voler mescolare con ardito coraggio un muro di suoni potenti con la grezzezza del punk, attraverso scomposti e violenti interludi, in cui la vocalità arriva ad avvicinarsi a caratteristiche tipiche dell’hc, come accade sul finire di Granpa Lives.

Un disco solido e ben ancorato al mondo granitico dello stoner, in grado di osservare un orizzonte più ampio di quello che si è portati a credere durante un ascolto distratto e casuale. Infatti i Mad penguins, pur con buoni margini di miglioramento, riescono ad offrire alla Go down records un piatto da gustare con una ragionata attenzione emotiva.

Tracks:

1. Dragons United
2. Finger Is My Name
3. Akarus
4. Trunk
5. El Gordo
6. Granpa Lives
7. Transreptile
8. Rat
9. Moses
10.Rain, Fog And Cold On Monday