Mali – viaggio nella musica

Le Hogon Club

In Mali, che è un paese a stragrande maggioranza mussulmana, il venerdì è il giorno da dedicare alla preghiera. I mercati e le bancarelle che costeggiano le strade di terra rossa di Bamako non chiudono mai, ma a mezzogiorno del venerdì il tempo rallenta, e quando dagli altoparlanti si diffonde il richiamo del muezzin molti degli uomini si affrettano verso le moschee, riempiendo le ampie stanze vuote che si affacciano direttamente sulla strada.

Durante il nostro soggiorno è accaduto tante volte che io e Fabrizio oziassimo seduti all’ombra dell’acacia proprio davanti al portone di casa. Dalle vecchie sdraio potevamo osservare il passaggio della gente lungo la strada polverosa, con lo sfondo del muro rosso della casa di fronte, interrotto soltanto da due piccole finestrelle quadrate. Come in un film costituito da una sola inquadratura in cui entrano ed escono i protagonisti, uno dopo l’altro ci passa davanti la gente del quartiere, ogni persona diversa e con una storia che avremmo voluto conoscere. Alcuni ci guardano e ci salutano sorridendo. Ecco una donna vestita di colori, con un bambino che dorme avvolto in un panno legato sulla schiena, poi un sarto con la macchina da cucire su una spalla, mentre con l’altra mano apre e chiude in rapida sequenza un paio di lunghe forbici, così che l’inconfondibile rumore del metallo sul metallo ne annunci l’arrivo. Passa poi una donna con un grosso fagotto in equilibrio sulla testa, seguita da un gruppo di pastori peul, due ragazzine di non più di 16 anni, alte e magrissime, e un bambino che ne avrà 8, che conducono quattro pecore e due agnellini, uno bianco e uno nero, che giocano assieme rincorrendosi e prendendosi a testate. A mezzogiorno del venerdì comincia il passaggio degli uomini vestiti con gli abiti tradizionali che si recano in moschea. Dopo gli ultimi ritardatari, che si riconoscono perché vanno di fretta, viene il momento dei bambini che tornano a casa dalla scuola, com passo veloce e la cartella sulle spalle.

Mamadou Diabate vive assieme a noi a Bajalan 3. E’ il fratello piccolo di Toumani, ultimo figlio del grande Sidiki, che si trasferì dal Gambia donando al Mali il primato della musica per kora. Di Sidiki si parla oramai con toni da leggenda, come di un uomo forte, saggio, capace di influenzare il governo post-coloniale del presidente Modibo Keita, immune agli incantesimi e ai sortilegi della magia africana. Mammadou era piccolo quando Sidiki è morto, per questo ha con Toumani un rapporto simile a quello di un figlio con il padre. Soprattutto da lui Mammdou ha imparato a suonare la kora, ed è talmente bravo da essere l’unico in grado di sostituire Toumani in sua assenza. Spesso va a suonare al suo posto nelle feste private organizzate dalle famiglie importanti o dai dirigenti del governo, e anche il venerdì sera all’Hogon, se Toumani non può andare per qualche ragione. Sembra che nella classifica dei suonatori di kora, che viene stilata ogni anno a Bamako, Mamadou si contenda il secondo e il terzo posto con Ballake Sissoko.

Mamadou ha 24 anni, e nonostante sia consapevole del suo rango e delle sue capacità appare silenzioso, sensibile, timido e gentile. Il giorno prima lo abbiamo ascoltato mentre suonava la kora accompagnandosi con alcune basi composte da lui stesso al sintetizzatore, un aggeggio acquistato in Canada con il quale Mamadou riproduce il suono di batteria, doundoun, basso e balafon, componendo le parti per ciascuno strumento, complete di articolate variazioni. Essendo arrivati a Bamako solo due giorni prima avevamo assorbito il suo straordinario virtuosismo con avidità. Durante l’esibizione si è unito a noi anche il figlio di Toumani, Sidiki, che ha 14 anni e già suona la kora meravigliosamente. Il rapporto tra lui e Mamadou appare di intima complicità; Sidiki si siede sorridente, stabilisce con lo zio un prolungato contatto oculare e ascolta con entusiasmo ogni passaggio della sua lunga improvvisazione.

Quel venerdì pomeriggio andiamo a trovare Mamadou nelle sue stanze, ed ecco che ci fa un altro regalo. Abbassa il volume della televisione, che sta trasmettendo una partita delle eliminatorie della Coppa d’Africa, comincia a frugare in un cassetto e tira fuori, una dietro l’altra, alcune registrazioni inedite di concerti dal vivo in cui accompagna con la kora Kandia Kouyate. Musica straordinaria, soprattutto grazie alla voce della più amata e venerata vedette maliana di tutti i tempi. Era nostra intenzione incontrare Kandia a Bamako o a Kita, il suo villaggio di origine, ma purtroppo ella è a Parigi. Mentre ascoltiamo Woulalé, una canzone d’amore struggente che narra di una giovane innamorata che deve dire addio al suo ragazzo perché promessa dal padre a un uomo che non ama, non riesco a trattenere le lacrime. Mamadou se ne accorge e mi sorride.

Quel venerdì sera finalmente ascolteremo Toumani Diabate con la sua Symmetric Orchestra allo Hogon club. Il biglietto costa 1500 CFA, circa 2 euro e mezzo, e comprende una consumazione. Il locale è all’aperto, e si compone di un piccolo palco su cui trova posto solo una parte dell’Orchestra, mentre il resto suona nella pista da ballo, intorno alla quale sono disposti una dozzina di tavolini. Il pubblico è per metà bianco, anche perché il concerto di Toumani allo Hogon è una delle principali attrazioni musicali di Bamako, consigliato da tutte le guide turistiche.

A partire dalle 23, prima che all’una arrivi Toumani, suona l’Orchestra con suo fratello Alahaji alla kora. Anche se Alahaji non è per sua natura e per capacità un protagonista, la musica è ricca, e l’atmosfera distesa ci riporta all’epoca d’oro delle orchestre da ballo. Assieme a noi c’è anche la BBC, che filmerà dal vivo i brani di Boulevard de l’Independance, il nuovo album di Toumani che sta per uscire. Anche noi siamo lì per filmare, Toumani ci ha dato il permesso, ma ci ha chiesto di fare un regalo in denaro ai musicisti dell’Orchestra.

Pagare i djeli è inevitabile, sono le regole del gioco. Durante tutto il nostro viaggio siamo stati in contatto con i djeli, e alla fine questo scambio di arte per denaro è diventato normale, anche perché abbiamo avuto modo di capire che la richiesta non era diretta esclusivamente a noi in quanto bianchi europei, e quindi presunti ricchi. Abbiamo visto questo passaggio di biglietti verdi da 5.000 CFA in occasione delle feste di matrimonio e di compleanno, durante i festeggiamenti del capodanno islamico, nei concerti pubblici e privati, e ogni volta che un djeli ha cantato di qualcuno tessendone le lodi, fossero esse dirette a una famiglia importante o anche a un altro djeli, come è accaduto a Toumani dopo aver ricevuto il Grammy Award. Ricompensare un djeli è un dovere nella società mandengue, e sembra che porti fortuna, mentre mandarlo via scontento procuri, oltre allo sdegno dell’interessato, anche innumerevoli disgrazie. Dunque i djeli vanno pagati il giusto prezzo.

Purtroppo la nostra offerta, seppur generosa per le nostre tasche, è stata messa completamente in ombra dall’ingente somma offerta dalla BBC, e non poteva essere altrimenti. Ciononostante è bastata per far tacere l’energumeno che voleva sequestrarci la videocamera, consentendoci di filmare la serata sfruttando anche le luci degli operatori inglesi, senza le quali anche le nostre riprese sarrebbero naufragate contro il buio della scena dell’Hogon.

La presenza della BBC elettrizza l’Orchestra, e quando Toumani sale sul palco e attacca Salsa, un brano del nuovo disco annunciato come una charanga latina, la musica parte con un incalzare furioso, a detta di qualcuno forse eccessivo. Io e Fabrizio abbiamo la netta sensazione di non aver sentito mai nulla di così impetuoso, soprattutto dopo la interminabile coda in cui i percussionist, alternandosi, hanno fatto a gara per dimostrare la loro bravura. Sono i tre Sabar dei fratelli Thiam e di Mamadou Tounkara, il djembe di Lamine Traore, il doundoun di Lamine Tounkara, il tama di Sekouba “Petitou” Kouyate e la batteria di Fode Kouyate. Dopo Salsa il concerto continua con Tapha Niang, e poi, uno dietro l’altro, con i brani del nuovo album. Ci restano impressi una incredibile Mali Sadio cantata da Mangala Camara e la straordinaria voce di Kassemady, autentica legenda della musica maliana, che interpreta Ya Fama, seguita dal classico mandengue Kaira. Il concerto prosegue fino alle 4 del mattino, e io, dopo un paio di brani, mi ritrovo in pista a ballare accanto ai musicisti. Al finire della musica torniamo a Bajalan 3 talmente carichi di emozioni da non riuscire a prender sonno. Ma domani è soltanto sabato, e ci aspettano nuove sorprese.