Manziluna

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Qualche settimana addietro è giunto in redazione Manziluna, full lenght omonimo dell’ensemble siciliana. Anche questa volta, l’opera, servita dalla Fitzcarraldo Records, appare vestita con l’elegante abito in pura cellulosa ecologica ECF (senza utilizzo di colle), portando con sè il marchio di qualità, che ormai abbiamo imparato a conoscere in tutti questi anni. Quell’uomo con il cappello, che osserva disincantato il mondo della musica è ad oggi un monicker di qualità artistica, che il nuovo mondo jazz italiano possiede con orgoglio e sana creatività.

Il disco offre un verde sentiero capace di portarci verso un’arte compositiva, che intraprende una conoscenza di diversificati linguaggi, legati a ciò che era la Sicilia e a ciò che è oggi. Un iter tra passato e contemporaneità, speziato da ispirazioni free, jazz elitario e poliritmie complesse. Un viaggio musicale senza troppi confini, che affonda le sue radici nel proprio terreno verso una fioritura electro acustica.

L’album, registrato al Sonoria Studio di Catania, vede l’apporto di Luca Lo Bianco, che oltre alla fase di Mix & Master, regala un piacevole cameo…ma partiamo dal principio…

Ad aprire Manziluna è un andamento desertico, ricco di sfumature e stralci di curata andatura, tra continui sguardi verso l’ignoto, raccontati da fiati attenti e appoggi jazzati. Un salotto di note buone, rilassate e ben assortite, tra percussioni delicate e richiami a volumi maggiorati delle chitarre di Leonardo Grimaudo e Fabrizio Brusca. La narrazione sfiora onde sonore inquiete con la tracklist, quasi disturbata dagli eventi sonori, infatti le sei corde si offrono ipnoticamente a piccole trovate sussurrate tra tumulti sonici e dolce pacatezza, in cui le note basse rendono al meglio l’improvvisazione solitaria della chitarra. Con Via Castro si arriva poi ad un piacevole suono retrò, raccolto attorno a sentori tradizionali e andamenti di ascolto più diretto, sempre definiti attorno ad improvvisi cambi di direzione legati ad un sottile fil rouge. Di buon effetto appaiono brani come l’orientaleggiante Accura, e la dolcissima Cammino perpetuo, in cui l’iniziatico arpeggio delicato si amalgama a note direzionali capaci di suggerire le chiarificatrici idee compositive.

Inevitabile poi, ascoltando brani come Tzigani Tanz, lasciarsi trascinare dal dolce effluvio di suoni, dolci come le acque di un fiume calmierato dal sole, svincolato dal suo letto e capace di render fertile il terreno adiacente. Appare anche innegabile come con Arabiz , impostata su roots e silenzi, l’attento ascoltatore potrà incontrare le nuvole della sua fantasia geografica, attraverso pigli curiosi e sviluppi barrettiani, epurati dalla dietilamide, sostituita dalla joie de vivre che la musicalità dei Manziluna regala, non sottraendosi però a dosi di blando free, che si adombra alla tradizione epocale della ben riuscita Vento e fuoco, chiusura ideale di un disco che non delude le attese .

Un insieme di suoni assestabili tra nobiltà elitaria e genuinità, adatta, con le sue calde sonorità a invernali jazzclub. Insomma fatevi ispirare dal packaging, dalla musica o più semplicemente dalle mie parole e date credito a ciò che esce dalle fauci di questa interessante etichetta indipendente.