Mercernary

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Il gioco di parole che dà il titolo a questo album non lascia spazio a dubbi: Dr. John si cimenta con le canzoni di Johnny Mercer. I dubbi viceversa di spazio ne trovano in abbondanza quando si considerino le due personalità in questione; da una parte Malcolm Rebennack – alias Dr. John – apostolo della musica di New Orleans con un passato di sperimentatore che nel suo gumbo unisce voodoo, Professor Longhair e psichedelia, dall’altra uno degli autori più prolifici della canzone americana – oltre 1.500 brani – una delle penne classiche per eccellenza: “Come rain or come shine” e “My shining hour” e “Moon river” e innumerevoli altre ancora firmate Johnny Mercer.

Siamo davanti a un disco di cover quindi, ma cosa è una cover ? E soprattutto cosa è la cover di un classico? La cover dovrebbe essere una sola cosa: un interprete prende una canzone e la fa sua, la smonta e la rimonta svelandone pieghe rimaste ignote a chi l’aveva cantata prima di lui e persino all’autore della canzone stessa. In questa epoca di cloni senz’anima Dr. John si è impossessato di dieci brani firmati Mercer e li ha portati a New Orleans – in quel Sud di cui lo stesso Mercer era figlio – perciò provate a immaginare d’entrare con questo disco in un locale della vecchia N’Awlinz – che ahinoi quasi non c’è più – e di trovare una band locale che fa a pezzi “Moon river” – scritta da Mercer con Henry Mancini, chi non ricorda “Colazione da Tiffany”?. Questa è la ricetta di Mercernary che Dr. John ha realizzato con una formazione essenziale: il grande Rebennack al piano e i suoi fedelissimi Lower 911 – Herman V. Ernest III alla batteria, il basso maledettamente carico di fonk – il funky come lo chiamano a N’Awlinz – di David Barard e la chitarra di John Fohl – più qualche ospite ai fiati e via.

Il disco è un successo perché Dr. John – pianista, chitarrista ma a mio avviso soprattutto geniale arrangiatore – ha saputo dare nuova forza al repertorio di Mercer: “I’m an old cow hand” è uno degli esempi migliori ma tutto il disco è godibile e sorprendente compreso l’unico brano nuovo di zecca firmato Dr. John che – con rispetto e ironia – si intitola “I ain’t no Johnny Mercer”.

Questo album farà la gioia di chi ama il sound di New Orleans ma è consigliato anche agli amanti dei classici che siano dotati di elasticità mentale sufficiente per apprezzare gli arrangiamenti di Mac Rebennack, altri diranno che Johnny Mercer si rivolta nella tomba, io a loro dico: sì, è il fonk che lo ha riportato in vita!