Monaci del surf “Monaci del surf”, recensione

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Sociologicamente parlando, spesso, molto spesso, i generi musicali hanno vissuto parallelamente ad un circuito culturale ben connotato. La musica, qualunque essa sia, appare strettamente ed inevitabilmente associata alla cultura che va a maturare nel sub strato sociale nel quale trova i propri germi. Così è stato anche per il cosiddetto Surf rock, al tempo molto influenzato dalle black roots, per poi rivitalizzarsi attorno ad un immancabile revival negli anni ’90, periodo di mediazione tra gli albori degli anni ’60 e nuovi influssi non troppo divergenti dal garage.

Proprio ispirati dalle sonorità geneticamente pensate per la calda California, arrivano a noi, tre misteriosi monaci mascherati da wrestler messicani.

La leggenda vuole che le mysterio-se maschere siano dono sentito di una piccola congrega di ribelli Cristeros, grazie ai quali il combo si ritrova a percorrere la strada dei riverberi surf, stimolati dal magico incontro subitaneo con Dick Dale,

Da queste surreali premesse nasce il mondo coverizzato di Monaci del Surf, selftitled del curioso trio dedito ad una deliziosa rivisitazione di brani, tanto insolita quanto gradevole, arrivati a noi grazie alla torinese INRI.

Il disco si sviluppa leggero e spensierato attraverso arditi, ma quasi sempre riusciti arrangiamenti di pezzi storici, legati ad una filmologia variegata, che da Tarantino attraversa le galassie, per giungere allo spaghetti western, senza dimenticare il mondo indie. Dodici tracce cariche di tecnico umorismo sonoro, che trova il suo inevitabile apice proprio nella Marcia imperiale di John Williams, grazie alla quale ( solo per un attimo di follia) vi sembrerà di vedere Darth Vader cavalcare le onde di John Milius.
Però (Attenzione!Attenzione!), questa curiosa opera dei Monaci del Surf non appare con l’intento di dissacrare miti stabili del nostro passato, ma al contrario di storicizzarli, attraverso una visuale differente rispetto al consueto point of view, proprio come dimostra la versione di Perhaps, seconda solo alla traduzione indie dei Cake.

La buona e salutare dose di insania porta i tre musicisti a decomporre l’approccio popular di Get a party started e le reminiscenze datate della famiglia Addams, per poi trovare il meglio di sé attorno a tracce come Entertainer, rivisitazione scaltra del Ragtime di Scott Joplin, in grado di surclassare episodi come Sunny Secret agent man , ma di certo in armonia qualitativa con la perfetta Soul bossa nova, in cui l’ascoltatore ritrova la giusta via, percorrendo saltuarie linee di cantato che riportano al mondo di Andy Macfarlane.

Un disco dunque…tanto particolare quanto vincente, in grado di restituire un vento di novità, attraverso una coraggiosa reinterpretazione di un mondo conosciuto.

TRACKLIST:

1 Monaci del Surf
2 Apache
3 Lo chiamavano Trinità
4 Down in Mexico
5 The Addams family
6 Imperial march
7 Perhaps
8 The entertainer
9 Soul bossa nova
10 Sunny Secret agent man
11 Get the party started
12 I want you