Pollini – Mozart concerti per piano K467 e K453.

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Ecco un Pollini impegnato come pianista e direttore d’orchestra. Un inusuale doppio ruolo che, nelle registrazioni dei concerti di Mozart, fu già di Murray Perahia nell’integrale che negli anni 70/80 incise per la CBS/Sony.
Questi concerti vengono dopo trent’anni dalle precedenti incisioni mozartiane di Pollini (K459 e K488 sempre per la DG); allora il direttore era Karl Böhm, oggi la novità sta nel fatto che per la prima volta il grande pianista lascia dietro di sé la traccia registrata di un’attività direttoriale iniziata molti anni fa: ricordo perfettamente, con una punta di dolore per tutti gli anni che sono passati, che già alla fine 1976 ebbi l’occasione di ascoltarlo in qualità di direttore e pianista-direttore in un concerto dal programma tutto Beethoveniano, comprendente la seconda sinfonia, l’Ouverture Leonora n.3 e il terzo concerto per piano e orchestra. Inutile dire che già nel 1976 Pollini era Pollini, la serata è stata di quelle che rimangono nella memoria.
Ora la scelta del grande pianista cade sui concerti n.17 e n.21.
Il n. 17, che porta il numero di catalogo K453, fu scritto da Mozart nel 1784 per Babette Ployer, la sua allieva preferita, già dedicataria di un altro concerto completato qualche mese prima ed è una composizione non molto frequentata dai grandi della tastiera perché ritenuta poco virtuosistica e quindi meno adatta di altre ad appagare la vanità del solista. Si tratta in realtà di uno dei capolavori del Mozart “maggiore” che trascina l’ascoltatore, in poco meno di mezz’ora, attraverso una serie di esperienze emotive straordinarie per culminare in uno straordinario finale dallo humour dispensato con grande garbo.
Il concerto n. 21 K467, scritto a un anno di distanza dal n. 17, è rispetto a quest’ultimo, di maggiore contenuto virtuosistico e fa parte di quella cerchia di composizioni che, grazie alla struggente bellezza di alcune loro pagine sono entrate, magari per la porta di servizio, nell’esperienza quotidiana di ognuno. Mozart destinò l’esecuzione di questo concerto a sé stesso e non lasciò cadenze scritte. Questo vuoto viene perciò colmato attraverso diverse varianti, così ad esempio in epoca moderna Alfred Brendel in una sua incisione del 1981 interpreta le cadenze scritte da Radu Lupu, mentre Serkin nella sua incisione del 1983 con Claudio Abbado ne esegue di proprie. Maurizio Pollini utilizza invece quelle del compositore Salvatore Sciarrino il quale, nel più rispettoso stile mozartiano, ha scritto cadenze per tutti i concerti che ne sono sprovvisti. Un bel regalo, vista la coerenza di queste cadenze con lo stile e con le tematiche del grande salisburghese.

Certamente congeniali al Pollini che conosciamo, questi due concerti sono oggetto di un’interpretazione di rara pulizia, priva di sbavature, affascinante nella sua linearità. Come spesso accade la visione è così diretta da richiedere un minimo di abitudine all’ascolto, all’inizio sembra che manchi qualcosa. Quando ascolto l’attacco del K467 nella superlativa incisione che Claudio Abbado eseguì con Rudolf Serkin, ho sempre la sensazione che da un momento all’altro possano spuntare Figaro e Leporello a braccetto da dietro una colonna, o Papageno da un cespuglio, invece spunta il pianoforte e comincia il canto. In Pollini questo non c’è, un concerto è un concerto, tutto è perfettamente lineare, le sonorità sono tutte tese a mostrare un Mozart adamantino, restituito nella sua purezza dove tutto fra pianoforte ed orchestra è in miracoloso equilibrio. Bisogna lasciarlo scorrere più volte questo disco, al primo ascolto ci si può trovare spaesati, poi s’impara ad apprezzare questa visione che appartiene certamente all’Olimpo delle interpretazioni importanti e significative. S’impara soprattutto ad ascoltare il celeberrimo andante del concerto K467, più che mai ripulito di tutta la melassa sparsa su queste pagine da decenni di riproposte più o meno decenti attraverso colonne sonore, spot pubblicitari, e quant’altro.
Le esecuzioni sono registrate dal vivo durante spettacoli tenuti nel maggio del 2005 al Musikverein di Vienna: meraviglioso il pubblico che rivela la propria presenza praticamente solo alla fine, con gli applausi.

Maurizio Germani
Marzo 2007