Skameleon “Humba humba tatera”, recensione

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Genova è sempre stata una città molto particolare.
Chiusa tra il mare e le colline ha da sempre mostrato un lato musicale dalle alterne fortune, soprattutto dal punto di vista organizzativo. I grandi nomi della musica mainstream ancora oggi li dobbiamo a Vincenzo Spera e alla sua Grandi Eventi, che assieme al coraggio invidiabile di Totò Miggiano e alla sua mitologica creatura, il Goa Boa, continuano ad animare una Superba refrattaria e snob, incapace di godere di spettacoli unici e irripetibili. Al di sotto di queste due realtà, da sempre vincenti contro i nostri mulini a vento, esiste una viva ambientazione underground attenta a quel mondo sotterraneo, di cui si ciba attraverso micro locali posti nel centro storico più esteso d’Europa.
Interposte tra questi tre poli, dopo decenni esistono ancora luoghi sacri come lo Zapata e il Buridda, che oggi, come durante la mia gioventù, mistificano il ritmo sincopato e gli accordi in levare. Storici Centri Sociali in cui il Raggae e lo Ska hanno attecchito da sempre, mostrando una genovesità molto legata al 2Tone, al rocksteady e alle forme musicali sui generis.

Deriva proprio da quell’inevitabile retroterra culturale la mia continua propensione alla ricerca di gruppi Ska, che, al di là di una presunta capacità espressiva, siano in grado di donare all’ascoltatore a scacchi un certo tipo di emozioni.
Così, come spesso accade nel mio girovagare in rete, quando mi sono imbattuto negli Skameleon mi sono chiesto se avessero le caratteristiche per suonare dentro alle mura della mia città, così sensibile al genere. Valutando le caratteristiche del loro prodotto, mi sono deciso a inoltrarmi nel mondo di questa curiosa band tedesca che con il loro We don’t like ska…we love it ha deciso di sposare la causa del ritmo in levare.
Per una sorta di onesta intellettuale, mi sento in dovere di chiarire come questa band risenta ancora di una sorta di ingenuità espressiva, figlia illegittima del palcoscenico underground. Arrangiamenti minimali e intuizioni sonore talvolta sopra le righe, mescolate ad una genuinità artistica che mi ha fatto tornare sulle note di Essential Pieces In Timeless Styles dei No Sports, arrivando a mostrare il lato seducente di un malcelato D.I.Y.

Il disco degli Skameleon si basa, similmente ai nostrani Bluebeaters, esclusivamente su coverizzazioni in salsa Ska, scelte in maniera oculata, seguendo un inusuale filone legato, non solo al rock, ma anche e soprattutto alla realtà pop dance.

Tracklist:
• Wannabe (Spice Girls)
• What is Love (HAddaway)
• All that she wants (Ace of base)
• Highway to hell (Ac/dc)
• Like a Virgin (Madonna)
• TetrisSexyBomba (Tetris-theme vs Tom Jones)
• Enjoy the silence (Depeche mode)
• Break on Through (The doors)
• Down in the past (MAndo Diao)
• BDW Medley (P.Shelling/Nena/Trio/J Witt/H.Kah)

Come si può evincere dalla strutturazione della tracklist appare chiaro come le scelte della band trascendano dall’usuale, mostrandosi attraverso tracce come Wannabe, in cui i fiati animati da batteria e basso porgono un gentile approccio ska, inquinato da animosità legate all’originale brano delle Spice. Una fedeltà espositiva, interposta tra strofa cadenzata e chorus, pronta a cambiare veste, attraverso l’hammond dall’atmosfera chiusa. L’utilizzo dei fiati, spesso presente nelle partiture del disco, sembra ricordare i nostrani Persiana Jones, rivisti tra le coraggiose linee di What is Love , eccessivamente ancorata al pattern dance, e nell’arrangiamento ska core di Highway to hell.

Se poi brani come All that she wants sembrano mancare di profondità, è con lo splendore esecutivo di LIke a virgin e Break on through che l’esemble teutonico offre il meglio di sé, superando la paura di osare che talvolta sembra tarpare le idee esecutive ( Enjoy the silnece) della band

Insomma…un disco di cover ska.