The Cinematic Orchestra – Ma Fleur recensione.

Mafleur cd cover

Un album di fotografie sfogliato dal vento; una casa deserta in campagna, una musica proveniente da uno stereo abbandonato.
Potrebbe essere l’inizio di un film o di un videoclip; più semplicemente è l’immagine che mi è apparsa ascoltando Ma Fleur.

L’album dei Cinematic Orchestra ha questa forza, ti trasporta subito altrove.
L’intento del gruppo è proprio quello di cercare di creare musica visiva, musica che ti trasmetta immediatamente un paesaggio, una visione, una foto.

Per ottenere questo i Cinematic Orchestra miscelano in giuste parti una sezione elettronica data in gestione a sampler e sintetizzatori, con una parte di musica “viva” dove con viva intendo musica cantata piuttosto che suonata con strumenti classici, veri e propri, non elettronici.

Se si aggiunge che mentre la parte elettronica strizza l’occhiolino alle correnti più moderne dell’elettronica inglese, la parte “viva” gioca lavorando sulle linee melodiche dell’improvvisazione jazz, avrete un idea dell’insieme.

Insieme che riesce a presentarsi come un ottimo prodotto jazz dove però a tratti vengono aperti degli squarci verso paesaggi incontaminati, visioni oniriche di luoghi possibili, credibili ma sempre vasti.

Come nella recensione dei Whitetree si parlava della commistione tra classica ed elettronica, così qui troviamo un altro tentativo lungo la strada dello sdoganamento e della completa accettazione della musica elettronica fuori dai club.
Il tentativo dei Cinematic Orchestra è di fonderla con parti jazz suonate come se fossimo dentro un piccolo locale pieno di bassi e riverberi.

L’effetto finale non sempre è armonico e riuscito, alcune volte la parte elettronica sembra inciampare in sè stessa dando poco spazio a quella jazzistica, altre volte invece l’improvvisazione jazz si allontana un po’ troppo dalle basi elettroniche facendo scolorire la melodia in altro.
Sempre più spesso tuttavia, cd dopo cd, il lavoro dei Cinematic Orchestra appare più equilibrato e riuscito.

In questo disco, vi è una apertura maggiore a ritmiche e sonorità più pop, con un cantato molto più presente rispetto ai loro precedenti lavori, cantato eseguito da voci davvero notevoli, tra tutte quella di Fontella Bass.
Il loro punto forte, la loro cifra stilistica sta proprio nello spingere la musica nell’immaginifico, dentro al cinema appunto.

I loro lavori potrebbero benissimo essere delle colonne sonore di film d’autore e questa loro puntualizzazione verso le immagini la ritroviamo sia nel loro sito dove vengono fatte scorrere immagini prese da Flickr e composte da fan, come nel libretto composto unicamente da fotografie di paesaggi e luoghi abitati da non-persone.
Nel libretto, loro stessi ci aiutano nella comprensione del loro messaggio, quando ci dicono che le foto non vanno prese come mera ispirazione ma come punto di partenza; un inizio che sta al di fuori della musica, che vive nell’immagine e che partendo da lì cerca di approdare nella musica suonata.

Il loro lato di musica “viva” e jazzistica, ne fa una formazione davvero interessante soprattutto nei live, dove le improvvisazioni su basi melodiche si allargano a dismisura diventando davvero degli ambienti sonori e trasportando il pubblico in un altrove.

Da audiofilo, va sicuramente notato come la registrazione del disco renda pieno merito alla loro musica, un vero piacere per le orecchie, considerando anche che tutta la loro produzione si trova in splendidi Lp.

Consiglio di ascoltarli nel loro habitat naturale, che può essere un viaggio in treno nelle campagne italiane, piuttosto che davanti a sterminati paesaggi incontaminati, così come li ho ascoltati questa estate in Brasile, o ancora più semplicemente, insieme ad un buon libro che ci faccia volare lontano.