The velveteen dolls “An end…the beginning”, recensione

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La recensione potrebbe ridursi a sole due righe:

An End…the beginning è un disco dalle frontiere aperte…è italiano, suona brit, ma valica in terreni nordici. È un disco easy listening, ma non banale.

Prima o poi riuscirò a tenere a bada la mia verbosità e chiudere in due o tre linee una recensione…ma non questa volta, perché nonostante la discutibile beltà della cover art, a dirla tutta “banalotta” e parzialmente fuorviante rispetto al suo gustoso contenuto, questo disco necessita di approfondimenti mirati, dai quali riuscire a far emergere quanto di buono questo quintetto è riuscito a fare alla linea di partenza.

La storia dei The velveteen dolls parte dal lead singer Richard Mason, che, una volta vissuta la sua vita islandese, ha deciso di stringere un patto romano con la chitarra di Gabriele Ratti, i tamburi di Stefano Micchia, il basso di Maurizio Caldarola e la sei corde di Marcello Lardo.

…Ma, ascoltando il debut album nelle sue dieci tracce, vi renderete conto di come poco vi importerà sapere da dove arrivano i The velveteen dolls, ma vi importerà molto di più sapere dove hanno intenzione di andare. Infatti An End…the beginning rappresenta un buon viatico di come la musica cosiddetta Brit Pop riesca a regalare qualcosa di più rispetto alle ridondanze dei fratelli Gallagher, inevitabilmente citati in brani come Shine on.

Il disco, prettamente Pop ( questa volta la P è maisucola), non lascia troppi spazi al coraggio compositivo, ma non per questo si esenta da presentare tracce dirette, immediate e al contempo impreziosite da influssi alternative d’oltreoceano come accade in Angel, il cui riff portante ci trascina con sé attraverso il fiume di note, che passa con piacevole pacatezza nei pressi di All the colors fade felice composizione alla Belle and Sebastian, capace di volgere lo sguardo all’arte cantautoriale anni 70, lasciando però ampio sviluppo agli intarsi di un seducente guitar solo ed una tromba ben assestata.

Se è vero che ascendenti Blur-Oasis sembrano inevitabili in brani come Love bomb, è anche vero che non mancano derivazioni cupe e maggiormente oscure con Red Moon, in cui infissi blandamente prog rendono maggiormente chiusa l’arte narrattiva dei The velveteen dolls, dedita alla melanconia descrittoria di Apple Green e alla linearità di On love street. Quest’ultima è di certo annoverabile tra i brani migliori del full lenght, riescendo a fondere accenni dell’Everlast di What it’like, sviluppi funky rock pepperiani e trovate musicali tipiche del primo Ben Harper.

Un disco che non sorprenderà chi l’alternative lo vive solo inteso come estremizzazione delle derivazioni musicali, ma che potrà essere piacevole e convincente per tutti coloro i quali saranno capaci di dismettere gli abiti forzatamente critici. Se siete parte integrante con la dinastia sofista potete evitare, se avete il cuore aperto a molto di più…date un ascolto a questo ensemble italo –scozzeze…presumo possiate trovare qualcosa di buono per le vostre orecchie.

Tracklist:

1. Love bomb
2. Red moon
3. All the colors fade
4. On love street
5. Apple green
6. Shine on
7. Angel
8. The hindu kush
9. Fliying
10. Madeleine