Chisco “Ital”, recensione

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Un atto d’amore verso il reggae, la narrazione e la lingua dialettale.

Chisco è uscito dal gruppo.

Dopo quasi un decennio nei Working Vibes e a seguito di alcune riuscite collaborazioni con Zyggy Marley, Alborosie, Manu Chao e Bluebeaters, l’artista toscano torna con un nuovo lavoro da solista: Ital.

Interamente narrato in italiano, l’album, abbracciato a nuove radici onedrop, si offre al ritmo in levare attraverso una tracklist avvolgente, danzante piacevolmente rasserenante, proprio come dimostra l’ottimo incipit Come il reggae, inno d’amore verso la musica giamaicana, qui vissuta tra tradizioni e rimandi Skalariak.

Lo stile narrativo si espande verso sguardi aperti, che riportano a galla il nascosto dna rap ( Il vento) per poi scorrere verso una serie di numerosi featuring tra cui spicca l’inserimento di Terron Fabio, co-protagonista delle riserve dance raggamuffin in cui, grazie a reminiscenze Sud Sound System, appare il dialetto sudista.

Il viaggio prosegue poi con la destabilizzante Siamo toscani, in cui il vernacolo toscano del menestrello Alessandro Giobbi dona un curioso incipit all’ironia divertita, mentre, sulla medesima linea si pone La luce di un’estate viva e vitale,impreziosita dell’ottima linea di basso e da un andamento groove in grado di entrare sotto la pelle dell’ascoltatore sin dal primo ascolto.

Il disco, nato dalla sinergia tra Rastasnob, Princevibe, Jamrock records, Maadting e Lunatik, si avvicina alle radici ska con Nelle nostre mani, trovando il proprio climax espressivo nell’aria satirica di Italian woman e nel malcelato romanticismo di Dove sei, storia di un amore perduto, che apre alla perfettibilità di A calci e pugni, bonus track di un disco da ballare, ascoltare… ma non da leggere, a causa dell’assenza incomprensibile di un booklet degno di nota e di un packaging di livello per un disco caratterizzato da ben poche ombre.

Insomma, un atto d’amore verso il reggae la narrazione e la lingua dialettale.