Opeth – Watershed

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Ho sempre tenuto nei confronti della musica e dell’arte (e forse più ampiamente della vita) un atteggiamento epicureo/gnostico. Questo vuol dire, nel dettaglio, che il fine dei miei ascolti è un miscuglio tra piacere personale e ricerca, ove entrambi questi stati finali si possono raggiungere solo tramite la conoscenza. Tanto per capirci, nulla mi rende più felice e mi procura più piacere, nall’ambito musicale, che scoprire nuovi artisti, o, addirittura, essere contraddetto a proposito di alcune mie convinzioni.

Perchè se uno crede che la conoscenza sia la maggiore delle peculiarità dell’uomo, come può non essere felice quando qualcuno (o qualcosa) gli fa capire che alcuni concetti che riteneva esatti ed inconfutabilis sono in realtà confutabilissimi e pure fallaci?

Vi ho annoiato abbastanza? Bene… ora parliamo di musica.

Gli Opeth sono un gruppo Svedese, formatosi nel 1990 a Stoccolma. Sella formazione originale rimane solamente Mikael Åkerfeldt, chitarrista, cantante e compositore principale della band. Dopo il death metal brutale degli esordi compiono un percorso già intrapreso da molte altre formazioni di musica estrema (Death, Carcass, Atheist, Cynic…) contaminandosi con molte influenze, dall’etnica alla classica, dal jazz al prog, e diventando una delle realtà migliori, più stimolanti del panorama estremo mondiale.

Francamente questo gruppo, che ho conosciuto, ahimè, in tarda età, ma avuto l’enorme pregio (assieme ai Cynic, con il loro ultimo lavoro, a dire il vero…) di farmi cambiare idea sul destino del Metal, e della musica “ai limiti” in generale. La mia convinzione, infatti, era che il più fosse già stato fatto, che i grandi dischi fossero già usciti, e che dopo aver indotto alla prostituzione il genere dando chitarre e distorsori in mano alle Boy Bands (Linking Park, Rasmus, H.I.M…. ) non ci fosse più spazio per investiere in ricerca sonora e tecnica, e che il genere andasse degenerando in un miscuglio di immaginario medievalistico e sonorità addolcite. Mi vengono in mente i Craddle Of Filth…

Ebbene adoro cambiare idea, e non posso che ringraziare le persone e gli artisti che mi rendono cosciente del mio errore. E gli Opeth sono questi artisti.

Per molto tempo avevo sentito parlare degli Opeth, e per molto me ne sono tenuto a distanza, perchè le speranze che ci fosse qualcosa di nuovo erano davvero poche. E invece no!

Ed è così che, ficco il CD in gola al mio Marantz per ascoltare la prima traccia: Coil, in cui canta anche Nathalie Lorichs che ammetto di non conoscere, ma che vanta importanti collaborazioni (John Lord, Glenn Huges) e che mi ha stregato con la sua bellezza e la sua voce.


Avete sentito il pezzo? Bene. E non vi siete posti la domanda che IO mi sono posto? Ma non era un gruppo di metal estremo questo? Ed in effetti la domanda è ben posta… ma il viaggio continua…

…continua con la successiva Heil Apparent, che richiama molto alle sonorità ed all’incedere Doom che tanti connazionali degli Opeth (primi su tutti i Candlemass) hanno valorizzato. Distorioni piene, grosse, riffs che rimandano alla più alta scuola death/grincore, e lo strepitoso growl di Mikael! Sì, perchè Åkerfeldt è in grado di cantare sia con timbrica growl che con una più umana timbrica melodica, e questo non solo all’interno dello stesso brano, ma anche con risultati notevoli in entrambe le tecniche! Questo brano, inoltre, da subito mette in risalto le grandi capacità compositive della band, ed il bellissimo chitarrismo di Åkerfeldt, che, per la cronaca, quest’anno è in lizza per il titolo di migliore chitarrista shredder, secondo Metal Hammer



The Lotus Eater mette ancor maggiormente in rilievo questo dualismo vocale, nonchè il gusto prog della band, che in alcuni tratti ricorda molto (attorno ai cinque minuti e quaranta… ma forse è un caso) il prog Italiano di scuola B.M.S.!

A metà disco arriva Burden, ballata struggente, forse un po’ stucchevole, ma sono questi i pezzi, assieme al primo Coil, che rendono sopportabile la furia e la morbosità di altri passaggi anche alle donne che ci teniamo tra i piedi in casa… e comunque l’aspetto compositivo del brano è notevole.

Dopo il giro di boa, ecco il primo singolo estratto dall’album, ed a cui è stato dedicato anche un video. Porcelain Heart attacca in modo maestoso, riassumendo nel suo interno un po’ tutto quello che questo album vuole esprimere… testi filosofico/solipsistici, ancora richiami al prog (ed ancora Italiano… avrei qualche domandina da fare ai ragazzi…) belle modulazioni, armonie larghe ed ariose ed ottima tecnica strumentale, classicismi che mai diventano barocchismi.

Ottime Hessian Peel, e la successiva Hex Omega

Gli Opeth sono davvero un gruppo unico nel panorama musicale mondiale, unico per originalità e per livello qualitativo medio dei loro lavori nell’arco della loro quasi ventennale carriera… Un disco consigliatissimo non solamente agli amanti del genere death/grind, ma anche a coloro che arrivano da ascolti sonicamente meno impegnativi, ma tecnicamente di alto livello, come tanto prog metal di scuola Dream Theatre, per intenderci.

Per quanto mi riguarda, è un altro disco che faccio fatica a togliere dal lettore…


01. Coil
02. Heir Apparent
03. The Lotus Eater
04. Burden
05. Porcelain Heart
06. Hessian Peel
07. Hex Omega

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