“Gli Squallor. Una rivoluzione rock”, Ranaldi. Crac Edizioni

Mai nulla del genere era uscito in Italia prima di quel “38 luglio”

 

Era il 1986. Avevo 12 anni, quando entrai nella libreria sotto casa per chiedere :”Scusi, ha per caso un libro sugli Squallor?“. Il titolare mi guardo sorpreso e rispose allungando la i finale: “Chiiii? “.

Nella mia classe di allora, una seconda media qualsiasi, tutti conoscevano gli Squallor, ma non il titolare della libreria. Rimasi deluso. Da allora ho aspettato la pubblicazione di qualcosa che, in maniera accettabile, decorosa e completa raccontasse a quel pubescente del 1986 chi erano per davvero gli Squallor.

 

 

La mia delusione, diluita nel tempo, oggi, ha finalmente trovato pace grazie alla nuova uscita di Crac Edizioni. Infatti, da poche settimane in libreria si trova un inedito viaggio nel mondo sovvertitore e folle degli Squallor. Nati dall’esigenza di una necessaria fuga dalle canzonette, la band viene raccontata con leggerezza dal saggio di Marco Ranaldi che, con le sue 242 pagine, regala risposte e ricordi attraverso la genesi evolutiva di una vera e propria “rivoluzione rock”.

Inquadrando la situazione socio-politica dei primi anni settanta, l’autore ci racconta di come l’ombra del cambiamento fosse pronta ad avvolgere le radio libere ed il mercato non convenzionale attraverso un funzionale alone di mistero legato alla CGD, in cui il mitologico Alfredo Cerruti (deus-ex-machina degli Squallor) ricopriva il ruolo direttore artistico. Un sentiero bislacco che da Ladislao Sugar è giunto alle “male parole”, straordinario marchio di fabbrica del quartetto Pace-Savio-Bigazzi-Cerruti.

 

 

 

Il libro, il cui unico punto debole mi appare (soggettivamente parlando) la copertina, ai miei occhi troppo poco attrattiva, racconta quasi 50 anni gli Squallor attraverso interviste, testi, considerazioni, citazioni e rimandi al mondo di Berta, Pierpaolo, Gennarino I e a tutti quei splendidi protagonisti rimasti nel cuore di molti.

Ranaldi, nel ricostruire il passato, non dimentica poi di far leva su di una serie di itinerari perpendicolari che hanno funzionato da ispirazione, né trascura di giocare con il racconto, mostrando consapevolmente le risposte ai tanti interrogativi che nel tempo si sono accumulati. Pertanto, non ci sono dubbi nel considerare questo saggio imprescindibile; una sorta di milestone in grado di dare memoria di una leggenda di cui fondamentalmente ha sempre e solo parlato la tradizione orale​.